Quel «Salotto» ultracentenario tra aneddoti, appunti e curiosità

In America la definiscono correntemente «lo shopping mall più bello del mondo». Oggi continua a riflettere e a promanare il fascino discreto e a volte ineffabile di una Milano in perenne trasformazione ma, in fondo, sempre uguale a se stessa. Stiamo parlando - l’avrete già abbondantemente capito - della Galleria Vittorio Emanuele II, che ha vissuto a fianco e in nome dei suoi concittadini per oltre 150 anni, condividendone le alterne fortune. Appunti, storie, curiosità, più che la «storia» in senso stretto del monumento, sono stati amabilmente raccolti e raccontati nel libro Milano e la Galleria - Il Salotto di Milano (Edizioni Selecta, 130 pagine, 35 euro), scritto anch’esso da Francesco Ogliari, con il contributo dei figli Giacomo e Maria Rachele. Il volume, corredato da fotografie e disegni d’epoca che ne completano la pregiata veste editoriale, è una racconto della città attraverso le cronache, dove il rigore storico stempera la propria rigidità nell'aneddotica.
Già, perché, sotto le proprie volte luminose, la Galleria ne ha viste (e sentite) proprio tante, lungo l’intero asse di vita della Milano «unitaria», prima sotto il vessillo dei savoia, poi della repubblica e della democrazia. Dolorose le ferite di un’opera architettonica che aveva destato feroci critiche fin dalla progettazione, per mano dell’architetto-ingegnere e direttore dei lavori Giuseppe Mengoni, il quale nemmeno riuscì a vedere il lavoro completato, «morto il 30 dicembre 1877, a soli 48 anni, cadendo da un’impalcatura alla sommità dell’arco d’ingresso», come ricorda Rolando Di Bari nella presentazione. Ferite dolorose e profonde, si diceva. Come quelle provocate dal devastante bombardamento «alleato» dell’agosto 1943, che frantumò completamente le vetrate artistiche, danneggiando pesantemente la stessa armatura.
E poi la Milano del «boom» economico, dopo la ricostruzione, vide nel «Salotto» protetto dalla «Madonina» - tra un aperitivo e l’altro - il simbolo trainante di un’Italia che aveva ancora molto da dire (e da fare). Oggi la Galleria si riempie ogni giorno forse più di stranieri che di milanesi (sempre che ne esistano ancora...).

Ma, come scriveva l’allora sindaco della città Pietro Bucalossi, nel 1967, in occasione delle celebrazioni per il centenario, «il mondo che animava con la sua presenza o con la sua cultura le lunghe ore della Galleria è scomparso nel momento stesso in cui gli uomini conquistavano più tempo per pensare e per frequentarsi. Ma l’opera del Mengoni conserva intatto il suo fascino: è parte viva e vitale di questa nostra città che non potremmo immaginare senza di lei».

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