Quel signor maestro amato da tutti che oggi all’improvviso fa paura

«B uon giorno, signor maestro. Buon giorno, signor Perboni. Alcuni entravano, gli toccavano la mano e scappavano. Si vedeva che gli volevan bene e che avrebbero voluto tornare con lui». Perboni è il «maestro unico» del libro Cuore, una figura che tutti i pedagogisti d’Italia, ma non solo i pedagogisti, i pedagoghi; e non solo i pedagoghi, ma gli alunni di tante generazioni; e non solo gli alunni di tante generazioni, ma i loro genitori; e i nonni, e i parenti tutti hanno amato. Amato e rimpianto. Ed ecco che grazie a una riforma, torna, del tutto inaspettato, Perboni. E che cosa accade? Accade che i pedagogisti, i pedagoghi, gli alunni e i genitori degli alunni, lungi (ben lungi) dall’esultare, fischiano, tuonano, minacciano, danno del «mostro» a chi ha avuto l’intelligenza (e il coraggio) di riproporre questa figura.
È vero che spesso il maestro non ha lo stesso livello di preparazione nelle materie scientifiche e in quelle umanistiche, ma un insegnante delle elementari - a mio giudizio - deve innanzitutto privilegiare lo sviluppo psichico dei suoi studenti, il che non avviene col team (con tre maestri esiste una sorta di dispersione affettiva). Ma quale Perboni ripropone il ministro Gelmini? Quale Perboni e (soprattutto) quale scuola? Non certo il maestro dell’Ottocento con una ruga sulla fronte, che non ride mai (così è descritto il personaggio nel libro di De Amicis) e per il quale la Storia è innanzitutto il Risorgimento, ma un maestro del Duemila che magari veste in jeans come i suoi alunni, ride di gusto, gioca a pallone con loro, fa uso di computer e conosce la realtà e i sogni dei suoi scolari.
Non il maestro dei tempi di Dickens, certamente, che batteva con la verga i poveri disgraziati e appuntava sulla schiena dei somari cartelli infamanti, ma il maestro che oltre a insegnare allestisce con gli alunni il presepe, li porta in gita, si permette - finanche - di raccontare e ascoltare storielle piccanti. Un maestro moderno, insomma. E la scuola? Giorni fa Repubblica, nel suo Diario, alla voce Scuola titolava: «Se l’Italia arretra tra condotta e grembiulini». Mi (e vi) domando: è arretrare presentarsi a scuola in un’uniforme che promuove l’immagine dell’uguaglianza e educa a non soggiacere al consumismo? È arretrare esprimere un giudizio sul comportamento in classe di uno scolaro (specie in tempi di bullismo come questi) e nel caso bocciare? È arretrare ripristinare lo studio dell’educazione civica e della Costituzione italiana, in un paese che ha smarrito l’identità storica? È arretrare o viaggiare verso il futuro introdurre a scuola lavagne elettroniche, computer e calcolatrice?
Mai contestazione di piazza fu viziata da tanta ignoranza. Per esempio sul tempo pieno. La gente non sa o finge di non sapere che il ritorno del maestro unico non pregiudicherà il tempo pieno. Chi sceglierà infatti le 40 ore avrà ancora due insegnanti, che si divideranno le materie.

Contro il ministro e il governo si sono letti cartelli quali «Berlusconi e Gelmini, farete la fine di Mussolini», «La Gelmini mangia i bambini». E a portare questo cartello era un bimbo, tenuto per mano da un genitore.
Vergogna, genitore! Ecco un uomo che non vorrei papà per nessuno, e meno che mai maestro unico.

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