Quel terrorista mai pentito tanto amato dai radical chic

In Italia, Francia e Brasile non sono pochi a poter brindare alla scarcerazione di Cesare Battisti. L’ex terrorista ha un conto aperto con la giustizia italiana dal 1979, quando venne arrestato per banda armata. Il vero braccio di ferro, però, è scattato negli ultimi dieci anni, prima con la Francia, dove ottenne ospitalità e cittadinanza, e poi con il Brasile, la sua nuova «patria» di adozione.
Da Roma, a Parigi, fino a Rio, Battisti ha sempre contato su una lobby trasversale di reduci della lotta armata, politici e intellettuali in molti casi accomunati dal marchio della sinistra radical chic. Evaso dal carcere di Frosinone nel 1981 il militante dei Proletari armati per il comunismo trova rifugio definitivo in Francia. Nel 1991 viene arrestato, ma rilasciato dopo 4 mesi, perché non estradabile. Sono gli anni della famosa dottrina Mitterrand, il presidente socialista francese, che concede asilo a tanti terroristi nostrani, a patto che abbandonino la lotta armata. All’inizio Battisti si guadagna da vivere come portiere d’albergo e traduttore di libri, ma ben presto entra nelle grazie dei salotti della rive gauche. Nel 1999 la blasonata casa editrice Gallimard gli pubblica il primo romanzo noir: Travestito da uomo.
Nel 2002, quando l’Italia torna alla carica per estradarlo, la sinistra radical chic si mobilita. La lobby francese pro Battisti conta su intellettuali del calibro di Bernard Henry Levy che lo definisce «uno scrittore imprigionato», Daniel Pennac e Philippe Sollers. Quest’ultimo parla di Battisti come di «un eroe rivoluzionario», per poi rettificare in «ex rivoluzionario». La vera pasionaria francese della lotta per Battisti libero è la scrittrice di gialli Fred Vargas. Lo sostiene anche finanziariamente in carcere con soldi suoi e organizzando collette per il «perseguitato dei due mondi».
Nel 2004 il terrorista mai pentito, che si proclama innocente, finisce di nuovo in manette e la sinistra al caviale si scatena pure in Italia. Una petizione di solidarietà su internet, organizzata dalla rivista letteraria Carmilla, raccoglie 1.500 firme. Compresa quella di Roberto Saviano, non ancora autore di Gomorra, che poi sosterrà di non saperne nulla e la ritirerà nel 2009 in rispetto delle vittime del terrorismo. La «lista della vergogna», come la definisce il giornalista Giuseppe Cruciani nel suo recente libro su Battisti, raggruppa Valerio Evangelisti, come primo firmatario, Massimo Carlotto, Vauro e tanti altri. Fra i politici l’eterno latitante ha goduto della solidarietà di Paolo Cento, ex dei Verdi, dell’ex senatore dello stesso partito, Mauro Bulgarelli e del rifondarolo d’annata Giovanni Russo Spena.
Alla fine il presidente francese Jacques Chirac affossa la dottrina Mitterrand e Parigi dice sì all’estradizione del ricercato italiano. Peccato che Battisti, già a piede libero, faccia perdere le sue tracce. Solo il 18 marzo del 2007 viene riacciuffato in Brasile su segnalazione dei carabinieri del Ros. Sembra tutto risolto e inevitabile l’estradizione, ma Battisti fa breccia anche a Rio. Nella fuga in Brasile si è appoggiato a Fernando Gabeira fondatore dei verdi locali. Durante la lotta armata degli anni ’60 e ’70 faceva parte del Movimento rivoluzionario 8 ottobre e partecipò al rapimento di un ambasciatore americano.
A favorire il nuovo braccio di ferro con l'Italia ci pensano i soliti amici di Parigi, con l’appoggio, sempre smentito, di Carla Bruni, la fiamma del presidente Nicolas Sarkozy. Nel 2008 il Brasile respinge la richiesta di asilo politico dell’ex terrorista, ma Tarso Genro, il ministro della Giustizia, si oppone. E parla del «fondato timore di persecuzione di Battisti per le sue idee politiche» se venisse estradato. Genro, durante la dittatura, era stato attratto dalla lotta armata aderendo all’Ala Vermelha, un gruppo guerrigliero noto come Sezione rossa. Poi fuggì in Uruguay per entrare nel Partito comunista rivoluzionario e clandestino. Nel 2009 dichiara che «l’Italia è bloccata dagli anni di piombo. In Brasile siamo più avanzati: i nostri ex guerriglieri siedono in parlamento».
Il «perseguitato» Battisti rimane in carcere, ma la lobby alle sue spalle non molla. Uno dei sostenitori chiave è il senatore del partito governativo, Eduardo Matarazzo Suplicy, con un bisnonno di origini italiane oltre al giurista Dalmo Dallari. I due, assieme ad altri politici brasiliani, si fanno fotografare in carcere con Battisti, durante una specie di «giuramento della libertà». La lobby brasiliana riesce a influenzare il presidente Luis Inacio da Silva, detto Lula, che fino a pochi anni fa inneggiava a Fidel Castro. La magistratura ribalta di nuovo lo status di rifugiato politico di Battisti, ma lascia al capo dello stato la decisione se rimandarlo in Italia. Lula il 31 dicembre dello scorso anno, mentre sta per concludere il suo mandato, dice no all’estradizione.

Il presidente è stato consigliato dal suo vero braccio destro, l’allora ministro che coordinava l’azione di governo Dilma Rousseff. Dilma in gioventù insegnava marxismo e aderì a gruppi guerriglieri, come Vanguarda Armada. Da gennaio l’ex pasionaria è presidente del Brasile e Battisti torna in libertà.
www.faustobiloslavo.eu

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica