Quel viaggio in Italia per cambiare look

Nostro inviato ad Amburgo

E va bene che solo dopo un quarto d’ora lei si lascia andare, i fianchi diventano provocatori, le mosse ardite e, insomma, inizia a sculettare come le impone il suo ruolo. Però sin da quando sale in scena a piedi scalzi, stavolta Shakira prova a cambiare il suo biglietto da visita. La voce, quella è identica, sempre forte e impertinente e, fosse solo per la facilità di canto o la naturalezza con la quale arriva fin lassù alle note acute, meriterebbe l’applauso a scena aperta. Però il repertorio è quello che è, se non altro perché sembra il bottino di un saccheggio indiscriminato nel rock e nel pop, dai Police fino ai Clash. Però lei ha il dono di saper ballare come pochi altri. Né tecnica, per carità, e tantomeno studio. Natura, piuttosto. E così la nuova Shakira punta sul suo ballo quasi tribale, sui passi improvvisati e caserecci, sulla danza del ventre che in Whenever, wherever diventa uno dei punti esclamativi del suo show.
Per farlo, ha calibrato tutto, persino il guardaroba, che è essenziale e discreto. L’anno scorso, proprio tra i concerti in Guatemala e il trionfo a Bogotà, lei ha spedito una persona da Roberto Cavalli a Firenze per ritirare i vestiti (specialmente la gonna di seta con la fascia ricamata in cristalli Swarovski) disegnati apposta per sottolineare questo lato della cantante.

E infatti in scena, a parte un abito rosso che dura lo spazio di una canzone, anche alla Color Line Arena di Amburgo il punto focale sono i suoi passi di danza e i fianchi, dove convergono i riflettori, gli sguardi, persino i ritmi delle canzoni, sempre a metà strada tra l’harem e la via Paal, tra la provocazione e la monelleria malinconica, tra la guapperia e, se capita, anche la risata adolescente.

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