Sagace dottor Granzotto, leggendo la sua risposta al lettore ne il Giornale del 7 aprile 2006, ho capito perché Berlusconi ha usato l'andrologico epiteto per definire gli elettori di Prodi. Deriva da «coniglio», ovvero ne è l'anagramma. A tal proposito mi piace farle notare che l'anagramma de il Giornale è «l'originale» e di Granzotto... «troppo ganzo» (licenza poetica).
Il mio amico Giampaolo Dossena, maestro e vate dei giochi di parola (Todio empia vacca, La zia era assatanata, Garibaldi fu ferito, Il dado e lalfabeto sono solo alcuni dei titoli dei suoi mirabili libri) le darebbe una strigliata mica da ridere, caro Diano. Perché lanagramma abbia dignità di pubblicazione bisogna che a mutar posizione siano le stesse identiche lettere della parola o frase originale. A voler essere anagrammamente corretti, in luogo di «troppo ganzo» (e lo sono) risulterei essere «trot ganzo» o «norz gatto», e poco mi piace. Però grazie per avermi distratto e divertito in queste ore da fiato sospeso. A proposito, amici lettori. Oggi è lunedì. Siete andati a votare? Tutti? O magari qualcuno, con la scusa che cè tempo fino alle 15, fa melina? Via, via, gambe in spalla e di corsa al seggio perché tutti i conigli, per dirla con Pierluigi Diano, il loro dovere (di conigli) lhanno già belle fatto e dunque sarà magari proprio il vostro voto a fare la differenza.
Che giornata, oggi. Qui in attesa che si faccia sera e che arrivino le prime proiezioni. Sono momenti in cui né quel giuggiolone di De Coubertin (limportante non è vincere, ma partecipare), né quel tosto di Giuglielmo il Conquistatore (non è necessaria la certezza di vincere per battersi con onore) ci vengono moralmente in soccorso. Bah, andrà come deve andare, è la democrazia, bellezza. Intanto, per passare il tempo, mi son letto lappello a Prodi di un certo numero di «scrittori di professione». Mancava, nel fandango della campagna elettorale, il do di petto degli «scrittori di professione» e zacchete eccotelo lanciato dalle colonne dellUnità (e da quali altre, sennò?) di ieri. Dopo aver premesso che ricostruire lItalia (dalle macerie nelle quali lha ridotta il Cavaliere, va da sé) «non sarà affare semplice», i firmatari, da Zap Mangusta a Simona Izzo, da Ricky Tognazzi a Curzio Maltese e Cristina Comencini, lamentano che «la scrittura e gli scrittori sono relegati ai margini della vita culturale e produttiva, privati di quel ruolo sociale che è necessario per la ricostruzione», appunto, «del Paese». Pertanto chiedono a Prodi di «tornare ad avere voce». Chiedono di «essere ascoltati». Eh, eh, testa quedra non ha ancora vinto e loro già lì, col cappello in mano. A chiedere un Oscar, una vicedirezione di Repubblica, un premio Campiello, un posto nel Cda della Rai e magari un Telegatto.
Paolo Granzotto
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