Quella battaglia tra Amsterdam e Lodi per la banca del Nord Est

È il 2005, il governatore di Bankitalia Antonio Fazio è il monarca di un sistema creditizio tanto frammentato da essere facile preda dei gruppi esteri e Gianpiero Fiorani diventa, con la Popolare di Lodi, il suo braccio armato per fermare la calata degli olandesi di Abn Amro su Antonveneta. Quasi contemporaneamente gli spagnoli del Bbva attaccano Bnl e il sistema si sente accerchiato: iniziano i primi sussulti di quella fitta rete di scalate e scandali finanziari che sarebbe poi passata alle cronache come «Bancopoli», portando alla ribalta di Piazza Affari nuovi raider.
Il problema più urgente da risolvere per Fazio è Antonveneta, di cui Abn Amro è ormai il primo azionista. Il gruppo di Amsterdam è un «avversario» perlomeno sproporzionato rispetto alle forze di Bpl ma Fiorani, che aveva già spinto la cooperativa lombarda verso una dimensione nazionale attraverso un’aggressiva serie di acquisizioni, a metà gennaio del 2005 annuncia di aver superato il 2% della banca padovana. Sullo sfondo si intravedono gli alleati di Fiorani, sono i cosiddetti «furbetti del quartierino», immobiliaristi e finanzieri (come Chicco Gnutti, Stefano Ricucci, Danilo Coppola e Luigi Zunino) spalleggiati dalla Unipol di Giovanni Consorte che, pur con qualche variazione di lì a poco avrebbero fatto capolino anche nella lotta per Bnl, poi finita ai francesi di Bnp Baripas.
A febbraio Bankitalia concede a Bpl il «permesso», all’epoca indispensabile, di portarsi al 15% di Antonveneta e poi al 29,9%. Ad aprile il fronte di Fiorani ha raggiunto il 40% ma Amsterdam, rimasta inchiodata al 18%, decide la guerra legale. Abn, assistita da Guido Rossi, denuncia a Consob gli acquisti di concerto degli avversari e ricorre al Tar contro la «disparità» di trattamento ricevuto dalla Vigilanza. Poi lancia un’Opa su Antonveneta a 25 euro per azione, tutti in contanti. Un mese dopo Fiorani contrattacca con un’offerta pubblica di scambio, valutata 26 euro. Entrambi i contendenti ritoccano al rialzo le proposte ma il 2 maggio la Procura apre un fascicolo per aggiotaggio e pochi giorni dopo Consob denuncia il «patto occulto» tra Fiorani e i «furbetti » imponendo l’Opa. Fiorani ha già galvanizzato i soci di Bpl e la città di Lodi con un nuovo nome programmatico «Banca Popolare Italiana», ma il sogno si infrange: a luglio la Procura sequestra il pacchetto Antonveneta rastrellato dai concertisti e Consob blocca l’offerta di Bpi. A quel punto non può che fare altrettanto anche Fazio, finito nel frattempo sui tabulati degli inquirenti per la celebre «telefonata del bacio» cui anticipava a Fiorani il via libera all’Opa.

All’inizio del 2006 mentre Fiorani varca il carcere, Abn Amro rileva la maggioranza assoluta di Antonveneta e lancia una nuova offerta pubblica. Il presidente Rijkman Groenink ha vinto, ma nel 2007 Abn Amro sarebbe finita sbranata da Rbs, Santander e Fortis. E Mps avrebbe riportato Antonveneta in Italia per 9 miliardi.

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