Quella fabbrica dell’odio che arma la mano dei folli

Un fotomontaggio. La canna della pistola è quasi appoggiata alla tempia. La mano preme il grilletto, ma il colpo non esce. Si sente un clic: «Due pistole - è il titolo - una che si è inceppata e l’altra che continua a sparlare». Maurizio Belpietro è ancora vivo e allora il sito Nova Libertalia si trasforma in una a fabbrica dell’odio: «Perché quando schiatterà non piangeremo certo». Frasi agghiaccianti, scritte a commento del fallito attentato al direttore di Libero. Immagini raccapriccianti, intinte nel peggior sadismo: «Preferiamo per lui una lunga, dolorosa e lenta agonia. Non certo una morte rapida inferta dal colpo di grazia di una pistola».
I peggiori sentimenti traboccano da tutte le parti; in pagina c’è il disegno di un teschio, il teschio dei pirati, e pure una massima che non ammette repliche: «È lodato chi libera il popolo dal tiranno». Nessuna pietà. Nessuna solidarietà. Nemmeno un briciolo di rispetto.
Da un sito all’altro, la catena di montaggio della violenza è in piena produzione. Da anni imballa e diffonde le sue merci: «Beh, se qualcuno dovesse ricorrere alle armi non lo condivido, però non mi sento di criminalizzarlo. Ok, diciamola tutta: lo condivido e non lo criminalizzo». Ora l’azzardo va riletto come profezia. Giochi di parole sul registro del sarcasmo e del fanatismo. Oscure minacce. Previsioni funeree. C’è di tutto, da troppo tempo, nel frullatore di Internet dove Belpietro è un bersaglio come lo sono i Feltri, i Sallusti, i Fede e altri giornalisti controcorrente. Non avversari, ma nemici da abbattere per alcune frange antagoniste. Pronte a rilanciare.
Poche ore dopo il fallito attentato, l’imboscata virtuale prosegue in rete: «Belpietro va colpito con un bazooka, così non riescono nemmeno a portare a casa un brandello di carne». E subito sotto, il gioco dissacratorio prosegue: «No alla violenza».
Invettive. Pesanti ironie. Riferimenti complottisti a Tartaglia e all’agguato di Natale al Cavaliere. La solita teoria della falsa aggressione costruita ad arte per biechi fini politici e elettorali. In rete circola di tutto con toni per niente rassicuranti: «Nessuna solidarietà al bugiardo Belpietro. Perché è riuscito a mentire pure sul suo presunto attentato. Perché è una superbufala. Era probabilmente un topo d’appartamento». E ancora: «Anche per me è una montatura...guarda caso queste aggressioni arrivano sempre nei momenti in cui la popolarità di Berlusconi è ai minimi».
I siti. I giornali. Ovunque. Questi messaggi sono lampi che squarciano la convivenza civile: «Mi dispiace tantissimo caro Belpietro che sei rimasto illeso. Vergognatevi tutti, non si proteggono i delinquenti, tantomeno la mafia. Dimenticavo: io sono il mandante morale della tua aggressione». Con tanto, sfida nella sfida, di firma: Cesare.
Il linguaggio echeggia a distanza quello degli anni Settanta, il web è magma che distrugge. Foto, disegni, parole: la logica è sempre la stessa. Allora come oggi, le parole sono pietre, anzi pallottole che preparano l’azione di chi agita il suo granello di follia e decide di fare un passo in avanti. Allora si stampavano editoriali feroci come dichiarazioni di guerra, allora si rivendicavano gli attentati, allora le prese di posizione più estreme trovano sempre una qualche sponda e giustificazione. Così per anni, nel perimetro di una società assuefatta alla violenza quotidiana. Il commissario Calabresi venne assassinato sui giornali prima che sul marciapiede davanti a casa sua e la morte venne salutata con brindisi e festeggiamenti. Un’epoca che pensavamo di aver allontanato definitivamente da noi. Ma non è così. Non sempre. Non per tutti. Forse per qualcuno era stata solo una rimozione. «Il giorno in cui gente come Fede, Ferrara, Sallusti, Feltri, sarà chiamata alla gloria del Signore, piangerò sconsolato lacrime di...gioia».
Qualcuno non si firma, ma altri non hanno nemmeno un briciolo di imbarazzo, figurarsi di paura, ad esibire il proprio nome in quelle palestre dell’istigazione aperte su Internet. «Mi piacerebbe uccidere te e la tua scorta». Sogni di sangue proibiti. Visioni apocalittiche. Deliri ideologici. Oggi il magma di Internet fa paura.
E fanno riflettere anche i distinguo che più distinguo non si può. «Belpietro? - si domanda retoricamente il direttore del quotidiano ecologista Terra, Luca Bonaccorsi - se l’è cercata». E avanti con una sfilza di insidiosissimi se: «Se noi facessimo il giornale all’olio di ricino dei Belpietro e dei Feltri dovremmo giustificare il coraggioso che ha rischiato la vita per liberare l’Italia tutta da un personaggio che, insieme a Sallusti, Feltri e Travaglio rappresenta forse il poker di coltivatori d’odio più attivo del Paese. Se fossimo come Belpietro & Co. - prosegue Terra - oggi saremmo qui a scomodare perifrasi improbabili per dire, essenzialmente, se l’è cercata». Poi, finalmente, Terra innesta la retromarcia: «E invece no». Meglio tardi che mai.


Meglio una brusca frenata, sia pure in extremis. In rete, invece, il dileggio è inarrestabile: «Forse qualche turba psichica ce l’hai tu». Dal volantino ciclostilato al post. Trent’anni dopo, il passato, il peggior passato bussa in redazione.

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