Quella ingiusta strenna che paghiamo noi

Egregio Dottor Granzotto, apprendo che Romano Prodi percepirà per i due anni seguenti alla scadenza del suo mandato di presidente della Commissione europea il 55 per cento dell’appannaggio senza lavorare, ovvero 13.700 euro al mese in attesa che trovi un’occupazione...
Si spera in una smentita, perché non è giusto né possibile! C’è gente che non riesce ad arrivare alla fine del mese e altra gente non ce la fa a combinare il pranzo con la cena e viste le prebende a Prodi oggi e a Barroso domani si comincia a capire il perché del non gradimento di questa Europa e a giustificare la presa della Bastiglia e del Palazzo d’Inverno. Possibile che la storia non insegni nulla?


Avendo egli stesso rivelato il nomignolo affibbiatogli dai compagni di scuola, Prodi non l’avrà certo a male se dico di lui che è una testa quedra. Testa quedra non significa esattamente zuccone (che in bolognese si dice ctàn), no, vuol dire testa quadra. E mi sono fatto l’idea, veda lei caro Todaro cosa ti vado a pensare, che le teste quadre siano anche dure di comprendonio.
Lasciamo dunque perdere la Storia e le sue lezioni. Ma non quel mensile di 13.700 euro (26 milioni e mezzo di lire) che si pappa e si papperà a titolo di «reinserimento nella vita sociale». Faccenda che può esser presa a paradigma dell’Europa double face: all’esterno un tripudio di Valori, Princìpi e Ideali e, celata sotto la gualdrappa blu stellata, la banda del buco che si spartisce il bottino, in gara a chi arraffa di più per sé e per la patria, coi coltelli che volano, gli sgambetti, le canagliate, le ridicole accuse d’esser «dentro» o «fuori» dall’Europa. Ventisei milioni e mezzo di lire. Al mese. Per il «reinserimento». Ma che bellezza. I Padri e i Cognati dell’Europa ci chiesero e tuttora ci chiedono sacrifici onde poter realizzare quel babà al rum della patria comune; a suo tempo ci imposero - Romano Prodi in prima linea - di stringere la cinghia per essere ammessi in quel giardino dell’Eden chiamato zona euro. Intanto loro, i Padri e i Cognati dell’Europa, si attribuivano stipendi multimilionari, parchi macchine con chauffeur, indennità (e in quanto tali non tassabili) per l’affitto, le spesucce, la scuola dei marmocchi, i viaggi (di studio, mi raccomando, di studio!), il vestiario per i climi caldi, gli aggiornamenti professionali oltreché sontuosi trattamenti di fine rapporto, ricche pensioni e, dulcis in fundo, pure l’assegno per il «reinserimento». Noi a contare la lira, loro a nuotare nell’oro senza dimenticare di ripeterci, tra una bracciata e l’altra, che Europa vuol dire gestione virtuosa della cosa pubblica, vuol dire rigore, rigore e ancora rigore, altro che le allegre amministrazioni degli Stati nazionali.
Ma non basta il danno, c’è anche la beffa. Già perché a incassare l’assegno è lo stesso Romano Prodi che con la faccia da vespillone e tono del quaresimalista la mena col fatto che siamo alla canna del gas, che manca il latte per i bambini e che non ce la si fa ad arrivare alla fine del mese. E intanto, pur sapendoci all’elemosina, si compiace di farsi pagare da noi, da noi contribuenti, non dallo Spirito Santo Eurolandico, 26 milioni e mezzo di lire al mese dopo averne incassate a carrettate, a valanghe, nei cinque anni di presidenza della Commissione. Qualcuno dirà: ma cosa volete che siano 13mila e 700 euro, non è certo risparmiando quella cifra che il contribuente si ritroverà più ricco. Giusto: più ricco no, però meno inviperito sì. Quell’assegno immotivato (lasciando un impiego, nessun lavoratore al mondo - salvo Kim Il Sung, Prodi e domani Barroso - oltre alla eventuale indennità di fine rapporto intasca un tot allo scopo di rendere più serafico il reinserimento nella vita sociale), quell’assegno marpionesco glie lo versiamo noi. Il rinunciarvi, tanto Prodi la fame non la farebbe di certo, rappresenterebbe una testimonianza di solidarietà nei confronti del cittadino al quale mancano gli spiccioli per comprare il latte ai bambini eccetera eccetera.
Significherebbe, insomma, che Romano Prodi non è della razza del «chiagne e fotti». Seguitando ad intascare alla strenna, confermerebbe invece e al di là di ogni ragionevole dubbio d’essere esattissimamente di quella razza.

Brutta razza.

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