Con quella maglia non era il mio Toro

Non so se sia stata più brutta la cialtronata decisiva di Barone o quella maglietta, così fantozzianamente blu tenebra, che ieri (spero causa candeggio sbagliato) abbiamo indossato. In fondo è meglio così. Disonorare così, un’altra volta, (direi troppe volte) quella gloriosa maglia granata sarebbe stato oltremodo fastidioso. Dunque archiviamo l’ennesima striminzita sconfitta esterna, proviamo a digerire anche questo boccone dal sapor di letame, dimentichiamoci in fretta minuto, punteggio e nome del marcatore. Non farò troppa fatica. Ma spero che se oso sussurrare che, a onor del vero, i maccaroni siamo stati noi, così maldestri, così scialbi, direi quasi femminili nei fraseggi, qualcuno non mi attribuisca leopardiano pessimismo, malattia alla quale sono immune per nomen e particolare provenienza terronica. L’audacia con cui mi accingo a stilare (e a custodire gelosamente) la mia personale lista di proscrizione è figlia di un sentimento preciso. L’orabastismo. Ora basta. Finiamola, una volta per tutte, di fare i «sinistroidi», a cercare per forza il buono dove non c’è. Tu, tu e tu non siete degni? A casa. Tu, tu e tu non state bene qui? Sul mercato. Smenarci qualche euro di minusvalenze è il danno minore, presidente.

Dia carta bianca a De Biasi, al quale francamente non ho nulla da dire, anzi. A lui, e solo a lui, mi sento di concedere un generoso afflato di riconoscenza. Se anche GdB non se la sentisse di tagliare qualche testa (ma ne dubito) mi chiami. L’sms è già pronto.

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