Certo, sarebbe esagerato parlare di testamento spirituale. Ma è un fatto che lultimo vero romanzo di Bram Stoker uscito un secolo fa, La vergine del sudario, contiene tutti gli stereotipi datmosfera, le morbosità sfuggite dalla penna, le ambientazioni in cui domina una natura selvaggia eppure tenuta al guinzaglio dalla narrazione, le digressioni etnografiche e folkloristiche (emblematica la scena del matrimonio-iniziazione). Insomma, tutti gli stilemi caratteristici della «letteratura vittoriana», sebbene a tempo scaduto, visto che la Regina se nera andata nove anni prima, nel 1901.
Per dirla alla Gozzano, sono «le buone cose di pessimo gusto» dOltremanica, sanno di polverose librerie, carrozze cigolanti, maggiordomi incartapecoriti, fanciulle anemiche, serate nebbiose... Ben venuta, dunque, alla prima edizione integrale italiana di questo The Lady of the Shroud (Castelvecchi, pagg. 407, euro 12). In quelle precedenti mancavano i tre capitoli finali e il resto del libro aveva molti buchi. Riccardo Reim, al quale dobbiamo il «restauro», disponibile dalla prossima settimana, è uno specialista di questo ramo delle lettere anglosassoni. «Guardi che le edizioni monche - ci dice - purtroppo non sono una rarità, anche per autori ben più noti e grandi. Basti dire, a esempio, che Il Conte di Montecristo degli Oscar Mondadori non è integrale e che di Pietro Aretino non esiste leditio princeps...».
Ora che La vergine del sudario ci si presenta finalmente vestita di tutto punto, ciò che maggiormente ne apprezziamo è la tecnica compositiva del suo autore. «Stoker - spiega Reim - non è certo un Poe o un Henry James. È un grande interprete del patchwork, che aveva messo a punto mirabilmente un decennio prima con Dracula. È un antologista della narrativa, un montatore». Lettere, diari, ritagli di giornale, memorie di notai sono un castello di carte ben congegnato: prende le mosse da un fantomatico «Estratto da La Rivista dellOccultismo» che funge da prologo e arriva in un non meno fantomatico regno delle Montagne Azzurre, piccola repubblica jugoslava ante litteram affacciata sullAdriatico, dove lo spirito indipendentista dei focosi abitanti ben si sposa con paesaggi aspri e mozzafiato. Il viaggio nel ribollente calderone slavo, sempre in allerta a causa dellespansionismo turco, è per Stoker, come per il contemporaneo Salgari, una trasferta basata esclusivamente su conoscenze libresche. Come litaliano, lirlandese esercitò da stanziale abbarbicato al tran-tran quotidiano la propria fantasia. Il tipo di uomo opposto al protagonista di questo romanzo, Rupert Sent Leger. Atletico, giovane, impavido. E per di più ricchissimo, dopo che suo zio Roger Melton gli ha lasciato in eredità un patrimonio da un milione di sterline. Beninteso, oltre al suddetto paradiso terrestre.
Così quando Rupert, dopo un preludio macchinoso e burocratico, sbarca nella patria dadozione, il lettore non vede lora di assistere al suo incontro con la Vergine promessa. Incontro che avviene, ovviamente di notte. È bella, la signora (o signorina...), ma al Nostro, che se ne innamora come da copione, i suoi modi e il suo monolocale in forma di bara dove riposa nelle ore diurne fanno sorgere latroce dubbio: sarà mica una vampira?
«Fermo restando che Dracula è una trovata irripetibile e geniale - commenta Reim - questa donna misteriosa che solca il mare con la sua bara-barca è una figura che ha qualcosa di Morella o Ligeia. Una figura che forse Poe non avrebbe rinnegato. Vale anchessa come filo conduttore del travestitismo letterario di Stoker, uno scrittore che dà il meglio di sé nelle geometrie, chissà, un retaggio della sua laurea in matematica...».
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