Mausolo, satrapo della Caria anatolica, morì nel 353 a.C. Sua moglie, che era anche sua sorella, addolorata dalla perdita, costruì per lui ad Alicarnasso una tomba così imponente che da allora tutti i monumenti funebri presero il nome di «mausoleo».E poi,come atto d’amore estremo, bevve le ceneri del fratello dissolte nel vino. Per il possesso del cadavere di Alessandro Magno, invece, scoppiò una vera guerra tra il fratellastro Filippo e Tolomeo, primo re dell’Egitto ellenistico: chi si fosse impossessato del corpo del condottiero, l’avrebbe potuto usare come elemento di legittimazione del proprio potere. Nessuno oggi conosce il luogo di sepoltura di Alessandro, che anche da morto continuò a mietere vittime, ma le cronache del tempo riferiscono che fosse custodito in un feretro di oro e cristallo e conservato nel miele. Per quanto riguarda poi il destino, o la predestinazione, dei corpi dei santi l’aneddotica è vastissima: nel suo Dizionario critico delle reliquie e delle immagini miracolose , stampato a Parigi nel 1821, l’occultista e demonologo francese Collin de Plancy racconta di aver rintracciato nel corso dei suoi studi otto braccia di san Biagio, ventuno dita di san Pietro, undici gambe di san Mattia, dieci teste di san Leodegario. E tre corpi di Sant’Agnese.
E Henri de Richard, forse con una certa esagerazione e di sicuro con spirito dissacrante, afferma che con il latte della Vergine contenuto in tutte le ampolle delle chiese di Francia si potrebbe produrre una forma di Camembert. A proposito di santi. Nel IX secolo un gruppo di mercanti veneziani, per trasportare il corpo dell’evangelista san Marco dall’Egitto a Venezia, caricarono le sacre reliquie su una nave in partenza da Alessandria, nascoste dentro una cesta insieme a carni suine: ai doganieri arabi denunciarono la merce con le fatidiche parole: «Kanzir, kanzir», cioè maiale, animale in odio ai musulmani. Il trucco funzionò e da allora San Marco è il patrono di Venezia. L’astrologo e medico Nostradamus, morto a Salon-de-Provence nel 1566, invece - così si tramanda-predisse addirittura l’anno della riesumazione del proprio cadavere. Quando, nel 1770, in occasione della traslazione dei suoi resti, il sarcofago fu aperto,all’interno c’era una lamina di metallo, con inciso una data: 1770. La morte,e il post-mortem,dei grandi personaggi, a volte, raccontano più della vita stessa. Il culto tributato alla figura dello comparso, le vicissitudini del cadavere (oltraggiato dai nemici, esposto alla folla, adorato dai fan, mummificato dai sudditi) e le traversie della salma ( trafugata, nascosta, presa in ostaggio...) narrano molto degli amori e degli odi che un re, un Papa, un guerrigliero o una star di Hollywood generano nei contemporanei, e anche in chi li ha seguiti. Voltaire, per dire, morto a Parigi nel maggio 1778, fu fatto viaggiare come se fosse ancora vivo per aggirare i divieti ecclesiastici alla sepoltura del filosofo ( notoriamente critico verso la Chiesa) in terra consacrata. Successivamente i suoi resti scatenarono una battaglia fra tre fazioni che se li contendevano: i citoyens parigini, la comunitàdiRomilly- su-Seine e la Società degli Amici della Costituzione di Troyes. A volte si è meno desiderati da vivi che da morti.
E che la morte, in altri casi, sia più rocambolesca della vita, lo dimostrano le avventure postmortem di tanti personaggi illustri raccolte dall’argentino Omar Lopéz Mato, direttore dell’Instituto de la Visión di Buenos Aires, nel suo Viaggi postumi ( Odoya). I viaggi, cioè, di guerriglieri (Che Guevara, diventato un’icona popmortem ), dittatori (Hitler, il cui cadavere fu bruciato. Ma forse no...), Padri della Patria (Lenin, sul quale sono state sperimentate tutte le più innovative tecniche di imbalsamazione per perpetuarne il ricordo in sæcula sæculorum ), scrittori e filosofi (Conan Doyle e Cartesio, le cui peripezie nell’aldilà sono degne di strepitosi romanzi dell’aldiqua), pittori (Goya, sepolto insieme all’amico Goicoechea, col quale volle trascorrere l’eternità, poi un giorno si aprì la tromba e si trovarono due scheletri ma un solo cranio),banchieri (da noi c’è la storia esoterica, che nel libro non c’è,del cadavere di Enrico Cuccia...), visionari (Walt Disney, del quale si favoleggia l’ibernazione e che invece, nel 1966, si fece semplicemente cremare...), comici (Benny Hill fece credere di essersi fatto seppellire insieme a tutti i suoi soldi, poi quando nel 1992 la tomba fu profanata, si scoprì che nella bara era da solo, come da solo aveva sempre vissuto...), e santi (anche laici, ad esempio i «santi della Rivoluzione francese»,come Jean- Paul Marat assassinato il 13 luglio 1793 per le sue idee rivoluzionarie e però entrato nella storia dell’arte...). A proposito di arte: quella mortuaria ha offerto molto alla creatività. A parte i tableaux molto poco vivants dell’anatomista olandese Frederik Ruysch (morto nel 1713), composti da scheletri di feti e organi umani imbalsamati, basta pensare ai cadaveri plastificati dell’anatomopatologo tedesco Gunther von Hagens, noto per le mostre intitolate Körperwelten (in inglese Body World ) in cui dal 1996 espone corpi umani, chimicamente trattati, in pose che citano celebri capolavori della storia. Grazie alla sua arte, ha guadagnato, a oggi, 200 milioni di dollari. Per dire che spesso la morte vale più della vita.
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