Il culto della personalità è una cartina di tornasole della politica: se un leader fa in modo che gli si costruisca addosso, significa che si è trasformato - o ambisce a trasformarsi - in un dittatore. Del resto il venezuelano Chavez ostenta venerazione per un modello che è un classico del genere, quel Fidel Castro che aveva disseminato Cuba dei suoi ritratti e che non ha mai trovato eccessivo farsi denominare Lìder Maximo.
Il pomposo Fidel aveva peraltro ridotto la sua sovraesposizione già prima della malattia che nel 2006 lo ha estromesso dal potere. E questo non per ritrovata modestia, ma perché lo consigliava laggravarsi della povertà nel suo Paese. Altrove cè invece chi al culto della personalità non ha rinunciato neanche da morto. È il caso del fondatore della Corea del Nord Kim il-Sung, nominato con sprezzo del ridicolo «presidente eterno» dopo il suo passaggio a miglior vita nel 1994, costringendo il suo successore Kim Jong-il (che altri non è che suo figlio, incarnazione di un caso fin qui unico di comunismo dinastico) ad accontentarsi della poetica qualifica di «Caro leader». Il padre, infatti, era ufficialmente noto come «il Grande Leader» oltre che, sempre secondo la pubblicistica ufficiale, nato mentre si verificavano una serie di meravigliosi segni della natura (stelle comete e altro) a indicarne la futura grandezza.
Lesempio per questi dittatori di seconda serie arriva direttamente dai Paesi guida della storia comunista. Nella piazza Tienanmen a Pechino giganteggia, a 33 anni dalla morte, il ritratto del semidio comunista Mao. In Unione Sovietica era impossibile percorrere più di un chilometro senza imbattersi in un monumento a Lenin e per chi ne sente ancor oggi la mancanza cè sempre lopportunità di visionarne la mummia nel mausoleo moscovita sulla Piazza Rossa. Non parliamo del suo successore Stalin, «piccolo padre» della sua Russia ma anche grande persecutore di chi osasse criticarlo: ce nerano i «gulag» pieni.
Senza dimenticare gli «illustri esempi» del totalitarismo di destra, dal Führer («Guida») Adolf Hitler che guidò la Germania e lEuropa al peggior disastro della loro storia al Duce Benito Mussolini, quello che aveva «sempre ragione»: e si è visto come è finita.
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