«È come quello di Berlusconi non votiamo questo decreto»

«I soldi sono gli stessi, i soldati calano per un normale turn over: ci separa un abisso»

Luca Telese

da Roma

Allora onorevole Rizzo: sembrava che il Pdci dovesse fare sfracelli, e invece alla fine sull’Afghanistan voterete anche voi con Prodi?
«E a lei chi glielo ha detto, scusi?».
Voi avete detto che non farete cadere il governo, che significa?
«Stiamo dicendo che questo è il nostro governo. Ma che il decreto così com’è non ci piace. Inviterei a non sottovalutarci».
Ma i giochi sono già fatti. Oggi voi avete una direzione che stabilirà il sì alla fiducia!
«Affatto. Il decreto può e deve cambiare, e noi oggi non daremo nessun lasciapassare. Così com’è non ci va bene».
Ma alla fine, dopo Rifondazione, anche voi troverete un accordo.
«Non facciamo paragoni, per carità! Loro, ormai, hanno dei dirigenti che accettano qualunque cosa. Noi siamo liberi».
Perché voi dovreste essere più liberi di loro, scusi?
«Perché Rifondazione è prigioniera di una sindrome, beve tutto, ormai. E sa perché? Perché deve farsi perdonare il peccato capitale del ’98, e perché i suoi dirigenti hanno posto altre priorità».
Quali?
«Ma dài! Pare che la presidenza della Camera conti più di ogni cosa. Un discorso che ormai hanno capito anche i militanti: è un partito in via di disfacimento, e a me dispiace».
Ancora non ho capito la differenza fra come voteranno loro e come voterete noi.
«È semplice. Così com’è il decreto di Prodi è identico a quello di Berlusconi. E se resta identico, noi non votiamo. È chiaro?».
Ci sono 471 militari in meno, non le basta?
«Senta, non dico che siamo esperti bellici, ma qualche carta abbiamo imparato a maneggiarla pure noi. I militari sono diminuiti solo per un fattore contingente, per il normale turn over delle truppe. È solo un caso, dunque, potrebbero essere di più».
Allora qual è il discrimine?
«Il mandato e il finanziamento. E il finanziamento è rimasto invariato».
Tanto ora eviteranno che si voti di semestre in semestre.
«Se provano a infilare questa cosa in Finanziaria noi facciamo le barricate».
Perché volete ricattare il governo volta per volta?
«Perché queste "missioni di pace"sono già ai limiti del mandato costituzionale, e non accetteremo che il Parlamento ne perda il controllo».
Perché è così importante che cambi qualcosa?
«Perché non possiamo accettare l’idea che ce ne andiamo dall’Irak, ma puntelliamo gli americani da un’altra parte. Sono giochi illusionistici che non cambiano la sostanza della politica estera, il nostro giudizio è negativo».
Però, al contrario dell’Afghanistan questa è una missione Nato?
«E allora? Io, personalmente, la Nato la vorrei abolire, si figuri. Non lo posso ottenere? Che almeno Prodi ci stia diversamente da come ci stava il centrodestra: se non c’è discontinuità noi diciamo no».
Allora voterete anche no?
«Come voteremo adesso non lo dico».
Ah, vede?
«Non lo dico perché non ora lo posso dire: mancano venti giorni. Per ora ci separa un abisso, ma in mezzo ci può essere la politica».
Ma se voterete la fiducia comunque?
«Per ora non sappiamo nemmeno se ci sarà la fiducia!».
Il problema della fiducia è che in quel caso i voti dell’Udc diventano pericolosi per l’Unione.
«I voti dell’Udc per noi sono la cosa peggiore che potrebbe capitare a questo governo».
Addirittura.
«Prodi deve saperlo: per lui sarebbero il bacio della morte».
Nientemeno? Il centrosinistra, ha già ottenuto «aiutini».
«Stavolta no. Perché se la geometria del governo diventa variabile sulla guerra, vuol dire che può diventarlo su tutto: leggi sociali, economia... ».
A volte capita.
«No, stavolta no».
Se è in gioco la sopravvivenza del governo...
«Lo sta dicendo all’unico partito che non ha portato i suoi leader nella stanza dei bottoni. Diliberto sarebbe un ottimo ministro, ma ha rifiutato. Anche io sono rimasto al mio posto, a costruire il partito».


E per questo Prodi dovrebbe rifiutare i voti centristi?
Prodi dovrebbe farlo per il suo bene: e non deve sottovalutare le nostre preoccupazioni. I voti di Casini sarebbero un colpo durissimo, un pasticcio enorme».

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