Quelli che vedete nella foto a fianco sono - da sinistra a destra in formazione tipo - Stankovic, Chivu e Materazzi sul pullman scoperto che ha portato in trionfo l’Inter in piazza Duomo nella notte dello scudetto. Lo striscione sopra di loro è eloquente e mi onorerei di non ripeterlo, così come sarebbe stato meglio non vedere quello striscione apparso due anni fa su analogo pullman, ma questa volta vestito di rossonero. Allora Massimo Ambrosini invitava i colleghi nerazzurri e i di loro tifosi a mettersi lo scudetto nelle parti più nobili, perché lui aveva appena vinto la Champions League.
Per carità, siamo uomini di mondo (così si dice, no?) e non è certo uno striscione così che ci fa scandalizzare. Chiunque di noi, qualunque sia il colore del tifo, è abituato a scherzare con colleghi amici, e spesso dallo scherzo si passa anche a qualcosa di più pesante. Però quei tre non sono come noi, non sono semplici tifosi e nemmeno degli ultrà. Sono quelli che danno la linea e anche se vincere uno scudetto può dare alla testa dalla gioia (ma al quarto consecutivo si dovrebbe essere abituati), ci sono cose che bisognerebbe evitare. E quella nella foto era una di queste. Così, per risparmiarci poi l’ennesima puntata della vicenda con spiegazioni particolareggiate sul dove sia finito lo striscione, sarebbe meglio ripiegare il tutto scusandosi per l’accaduto. Due anni fa Ambrosini faticò molto a chiedere venia giustificandosi in modo imbarazzante («me l’avevano passato, non ho visto cosa c’era scritto»). Stavolta sarebbe meglio correre ai ripari: al più presto e senza ma.
Ma quello striscione sul pullman se lo potevano proprio risparmiare
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