Questa cella è una suite

Vecchie prigioni trasformate in alberghi: l’ultima mania degli architetti piace ai turisti che vogliono provare una «vacanza galeotta»

Non si deve essere per forza rapinatori o assassini, ladri o truffatori per finire in galera. Basta aver voglia di passare una vacanza un po’ fuori dal normale, con la certezza che non è nemmeno necessario evadere per riacquistare la libertà.
Sbarre al posto delle stelle, celle invece delle suite, parlatori trasformati in grandiose hall e cortili dell’ora d’aria in rigogliosi giardini. È l’ultima tendenza dell’hotellerie internazionale: rivisitare, con la complicità di architetti, arredatori ed estrosi designer, le vecchie prigioni in grandi alberghi, non a cinque stelle ma a cinque sbarre per far vivere ai turisti che non hanno mai provato l’esperienza della galera, autentiche emozioni galeotte.
Maestose prigioni
L’idea piace ai turisti, tanto che molti istituti di pena trasformati in alberghi hanno liste d’attesa lunghe anche un paio di mesi. È il caso del Malmaison Hotel di Oxford, fuori un castello sontuoso avvolto nel mistero come molti manieri d’oltremanica: fino ad undici anni fa era l’Her Majesty’s Prison dell’Oxfordshire, oggi, invece, «cattura» i suoi ospiti facendoli dormire in due o tre celle accorpate che si affacciano su un lungo corridoio dove una volta i secondini battevano le chiavi sulle sbarre mentre ora si muovono con passi felpati cameriere e maggiordomi. «Qui nulla è cambiato: facciamo il tutto esaurito proprio come quando non c’erano ospiti ma carcerati», dice con orgoglio Robert B. Cook, direttore del Malmaison, dove le celle sono dotate di tutte le comodità sconosciute ai carcerati, dalla cd library alla dispensa di vini e spuntini. E l’atmosfera dev’essere particolarmente affascinante e coinvolgente se lo slogan che campeggia sul cancello d’ingresso è: «Non facciamo prigionieri, ma una volta che sarete entrati vorrete chiudere la porta della vostra camera e buttar via la chiave».
Humour anglosassone a parte, a fiutare le potenzialità dell’affare sono state piccole catene di motel, come l’americana Comfort Inn le cui camere più richieste, a dispetto della privacy, dell’affiliato Jailhouse Inn di Preston, nel Minnesota, hanno ancora le sbarre, e grandi gruppi alberghieri come il Four Season che in Turchia ha trasformato in un lussuosissimo cinque stelle la casa circondariale Sultanahmet, proprio accanto alla Moschea Blu e al celebre palazzo Topkapi di Istanbul, dove fino al 1982 «risiedevano» i prigionieri e dissidenti politici. Però la scomodità non ferma di certo chi desidera trascorrere una o più notti in prigione, senza bisogno di chiamare l’avvocato per affidargli la difesa o per pagare la cauzione. «All’inizio tenevamo nascosta la vera identità del luogo, pensavamo che ai nostri ospiti, abituati agli ambienti lussuosi costruiti appositamente come alberghi, non facesse piacere dormire in una prigione, ma poi ci siamo resi conto che erano proprio loro a domandarci cosa accadeva nella struttura carceraria», spiega Marcos Bekhit, general manager dell’hotel turco, dove una notte in galera può costare da 390 a 3.500 euro.
Brivido nostalgico
Una moda turistica che spazia dall’America all’Europa, Italia esclusa, perché da noi le carceri che chiudono vengono trasformate in spazi pubblici, per lo più in centri studi o in musei e non riconvertite in camere con vista. Che a volte possono proporre ai turisti in cerca di emozioni anche il brivido nostalgico compreso: è il caso del Latvian Prison Hotel, un ex carcere del Kgb a Liepaja, in Lettonia, dove si replicano i disagi e gli incubi vissuti dai prigionieri dei servizi segreti sovietici: all’esterno è una bella costruzione di mattoni rossi immersa nel verde, costruita nel 1905 dallo zar Nicola I per ospitare i marinai della flotta navale russa, all’interno l’atmosfera non è più tanto rassicurante, a cominciare dalla reception che si raggiunge percorrendo un corridoio buio e maleodorante, dove gli ospiti non vengono registrati come accade di solito negli alberghi, ma fotografati con in mano il numero di matricola e con le sbarre come sfondo prima di essere confinati per ore in isolamento nella stanza degli interrogatori, con la voce di alcune comparse che nelle camere accanto urlano di disperazione e il sibilo delle pallottole a far da sottofondo. Ovvio che non vi siano camerieri in livrea ma finte guardie carcerarie in abiti da soviet, che il menù preveda pane secco, cetrioli e tè russo e che le celle non abbiano il minimo confort, nemmeno la carta igienica, celle anguste dove è consentito soltanto portare lo spazzolino da denti: per chi disubbidisce vi sono pronte le manette ma a quanto pare ai turisti, che possono scegliere se andarsene alle due e mezza del mattino o restare reclusi fino alle sette e trenta, piace così, tanto che lo scorso anno i visitatori-prigionieri sono stati addirittura ventunmila, forse anche per il costo davvero limitato per tante emozioni, sette sterline a notte appena.
Hotel a 5 sbarre
Un successo assicurato, tanto da convincere altri immobiliaristi del turismo ad intervenire per trasformare le prigioni in esclusivi hotel cinque sbarre. È il caso del vecchio carcere Charles Street Jail di Boston, nel Massachusetts, dov’erano detenuti anche i due celebri anarchici emigrati in America, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, giustiziati nel 1927, che dopo imponenti lavori di ristrutturazione costati 120 milioni di dollari, riaprirà i cancelli l’estate prossima ribattezzato con il nome di Hotel Liberty, conservando dell’epoca carceraria conclusasi nel 1990 molte foto in bianco e nero e documenti esposti in una mostra permenente e le stesse strutture architettoniche ottocentesche, rivedute e corrette per l’occasione.

Nel grande salone centrale dove i detenuti si raccoglievano per l’ora d’aria vi sarà la nuova hall abbellita da mobili antichi e lampadari di cristallo, mentre due scaloni porteranno al ballatoio su cui si affacciavano le celle ed ora, invece, si apre una parte delle trecento camere superlusso e si accede al ristorante «Pane ed acqua», emblematico soltanto nel nome ma «ricercato» nel menù e nello stile.

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