da Roma
Giuliano Cazzola, ha ragione chi parla di controriforma delle pensioni?
«In tutto il mondo si cerca di aumentare l’età del pensionamento - risponde Cazzola, l’esperto che conosce il sistema previdenziale italiano come le sue tasche - e da noi si fa il contrario. L’ultimo in Europa a ridurre l’età pensionabile è stato François Mitterrand, trent’anni fa, a 60 anni per uomini e donne. L’età è rimasta quella, ma il minimo contributivo è salito a 40 anni. Da noi arriviamo verso i 60 anni nella seconda metà del 2009: valeva la pena di fare tutto questo casino per diciotto, o al massimo ventiquattro mesi di differenza con la riforma Maroni»?
È vero che il governo ha avuto un occhio di riguardo per i giovani?
«C’è, al contrario, uno scambio iniquo fra generazioni. Gran parte della copertura finanziaria della riforma è a carico della componente più debole del mondo del lavoro: 3,6 miliardi per l’aumento delle aliquote previdenziali dei Co.co.co., giovani lavoratori che dal 2007 al 2010 hanno subito un aggravio di 9 punti percentuali. Con la riforma l’aliquota previdenziale di un parasubordinato va a regime al 26% contro il 20% di un lavoratore autonomo. Già si tratta di persone che guadagnano poco: il rischio, al contrario di quanto pensa il ministro Damiano, è che facciano il salto verso il lavoro nero. Nel bilancio preventivo dell’Inps, approntato prima della riforma, si prevedevano 30mila iscritti in più alla gestione separata dei parasubordinati. L’altro giorno è stata approvata la nota di variazione al bilancio: gli iscritti saranno 50mila in meno. Ma non c’è traccia di 80mila iscritti in più nel fondo lavoratori dipendenti».
Il rinvio dei coefficienti rappresenta un pericolo?
«Non si sono limitati a smantellare la riforma Maroni, hanno ferito a morte anche la riforma Dini. Come? In primo luogo rinviando la partita dei coefficienti, per un motivo semplice: i sindacati sono contrari, e non cambieranno idea in futuro. Inoltre, Damiano non può promettere ai giovani una pensione pari almeno al 60% dell’ultima retribuzione. La riforma Dini, introducendo il sistema contributivo, lega direttamente i versamenti e l’entità della pensione secondo il precetto biblico «avrai quanto hai dato». Con la promessa del 60% ai giovani, salta la logica stessa del sistema contributivo».
Quanto ci costerà la controriforma?
«Non è facile rispondere. So che la ragioneria dello Stato aveva quantificato in 9,3 miliardi il sistema degli scalini. La soluzione scelta dal governo - scalini più quote - è più flessibile della prima, e dunque costa di più. Quanto alla copertura, mi limito a considerare una speranza i risparmi di 3,5 miliardi per le sinergie fra gli enti previdenziali, tanto è vero che Padoa-Schioppa vi ha legato una clausola di salvaguardia: se i risparmi non arrivano, aumentano i contributi per tutti i lavoratori italiani».
Un’occhiata finale agli «usurati».
«Il Tesoro ha dato copertura finanziaria a 5mila lavoratori usurati in uscita l’anno.
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