Torino Il piglio e lespressione non sono quelli dei giorni migliori. Ma, a parole, Del Neri sente ancora ben salda la sua panchina.
Juve-Milan sarà decisiva solo per la squadra o anche per il suo futuro?
«Ogni partita lo è. Sarà importante interpretarla nel modo giusto. Certo sarà un match stimolante che, se vinto, ci regalerà entusiasmo».
Si sente sotto esame?
«Non particolarmente. Il dialogo con la società cè sempre stato: certe cose si fanno sia quando si va male che quando si va bene. Io in sede ci sono andato tutte le settimane».
Però è stato Andrea Agnelli a sottolineare che in questi giorni il dialogo è stato molto intenso.
«Mi sembra giusto che un allenatore renda conto ai dirigenti di quello che fa. Se cè qualcosa da chiedere, è lecito che la società ponga al suo allenatore le domande che vuole».
Secondo lei qualche giocatore ha finora reso meno del previsto, senza per questo arrivare a pensare che le abbia remato contro?
«Sapevamo sarebbe stato un anno difficile. Tutti danno il massimo, ma si può sempre fare meglio».
Finora alla Juve è mancata qualità? Organizzazione? Grinta?
«Continuità di rendimento, direi. Certi atteggiamenti li abbiamo avuti, ma non sempre. È un problema di assemblaggio: ci sono partite in cui tutto va come vorresti, altre in cui hai certi intoppi. Questa è una squadra che è stata ricostruita in corsa. E i tanti infortuni avuti, con tempi lunghi, ci hanno condizionato. Aggiungo anche che purtroppo si sono fermati, tutti in una volta, giocatori dello stesso reparto: volta per volta, abbiamo dovuto reinventare difesa, centrocampo e attacco».
Come si lavora in questi momenti?
«Con applicazione e con le dovute cautele, cercando di non dare troppa pressione ai giocatori. Con tranquillità e fiducia, anche».
In questi giorni si è sentito tutelato a sufficienza dalla società?
«I dirigenti credono nel mio operato, quindi direi di sì. Ma nel calcio valgono i risultati e le critiche arrivano quando quelli mancano. In società però cè stima reciproca, al di là di come vanno le cose. Un palo o un gol, un cambio vincente o perdente: così cambiano i giudizi sugli allenatori».
Teme possa essere la sua ultima partita a Torino?
«Io penso a fare il mio lavoro al meglio e basta. Credo comunque andremo avanti: per costruire una casa, un giorno non basta».
Davvero si sente al sicuro?
«Come rispetto reciproco, sì. Poi è ovvio che decideranno i risultati. Ma il rapporto tra allenatore e società è molto solido».
Cè chi le rimprovera di essere allenatore con un solo schema di gioco.
«Parla la classifica, non come metti la squadra in campo. Ognuno ha le proprie idee. Se io ho vissuto ventanni bene in questo mondo, andrò avanti indipendentemente da quel che si dice. Non cambio idea da un giorno allaltro: proseguirò per la mia strada. E non dimentico che abbiamo avuto un gran bel momento ottenendo risultati molto positivi: le cose si sono complicate da gennaio in avanti, quando abbiamo dovuto fare a meno per motivi diversi di Melo, Iaquinta, Quagliarella e altri. Abbiamo fatto quello che si poteva, ma faremo ancora molto. La squadra non è per nulla demotivata».
Non è stato sbagliato, a un certo punto della stagione, sbandierare obiettivi esagerati, tipo lo scudetto?
«Bisogna anche sapere dare stimoli ai giocatori. Il tempo che manca prima della fine del campionato ci permette però di poter ancora rimanere in quota».
Non arrivare quarti equivarrebbe a un fallimento?
«Sarebbe un fallimento non lottare».
Qualcuno della società le ha detto lei lanno prossimo sarà lallenatore della Juve a prescindere dai risultati?
«Io ho un contratto. Non devo chiedere proprio niente».
Affrontare il Milan è la cosa migliore che vi potesse capitare in un momento così?
«Forse sì, con le grandi abbiamo sempre fatto bene».
Che partita dovrà giocare la Juve per non farsi travolgere?
«Non potremo aspettarli e basta, ma provare anche a mettere loro pressione.
Possibile che Chiellini torni centrale?
«Possibile. Perché io voglio anche offendere».
Come vivrebbe la presenza di Moggi allo stadio?
«Non mi interessa nulla. Io penso al campo e basta».
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