Luca Zaia, governatore leghista del Veneto, è d’accordo o arrabbiato con il ministro Roberto Maroni che vuole smistare nelle regioni gli stranieri sbarcati a Lampedusa?
«Sono assolutamente solidale a fianco del ministro, e condivido la sua strategia».
Una strategia complicata: distinguere tra profughi e clandestini.
«Sul conflitto in Libia la Lega ha manifestato da subito perplessità che puntualmente si sono tradotte in realtà. Non era difficile prevedere che gli attacchi militari avrebbero avuto come esito tangibile per gli italiani un’ondata migratoria incontrollata. L’idea di usare le navi per pattugliare i mari, di rafforzare i controlli e applicare con rigore la Bossi-Fini ai clandestini di Lampedusa è fondamentale».
Com’è possibile dividere i rifugiati dai clandestini?
«Il Viminale farà i controlli del caso. Di sicuro, quelli che arrivano con le scarpe da ginnastica firmate, il giubbottino all’occidentale e il telefonino in mano non è gente che chiede asilo politico. Gli italiani sono indignati da questo spettacolo. Lampedusa non è invasa da rifugiati politici o disperati, ma da tunisini che fuggono da un territorio nel quale è ripresa la vita normale e sono state riaperte le aziende: lo dico perché laggiù lavorano tante imprese venete».
Quindi, secondo lei, non c’è vera emergenza umanitaria, ma un’ondata di nordafricani che approfittano del caos per fuggire in Occidente.
«I barconi dell’emergenza umanitaria li abbiamo visti tutti in passato, erano carichi di gente di ogni tipo, donne, vecchi, bambini. Oggi sbarcano soltanto ragazzi di 25-35 anni senza famiglia che appaiono in carne, ben messi e non così sprovveduti. Qualche barcone così posso anche capirlo; questi invece sono tutti maschi che sborsano duemila euro agli scafisti per fare la traversata».
Magari con l’obiettivo di arrivare in Francia.
«Lo dimostrano gli scontri a Ventimiglia. Per questo condivido la linea Maroni: i clandestini vadano ai Centri di identificazione ed espulsione, e se ne tornino a casa loro. Un altro conto è dare una mano a chi invece scappa dalle bombe, dalla guerra, dal genocidio. In questo momento la crisi riguarda la Libia, non i Paesi vicini. Ma di libici a Lampedusa ne sono sbarcati pochissimi».
Maroni prevede di dover accogliere 50mila persone: è un dato realistico?
«Il ministro ha fatto quello che dovrebbe fare ogni buon amministratore: se governi un territorio a rischio sismico organizzerai esercitazioni con la Protezione civile, il che non significa la certezza che arriverà il terremoto. Maroni ha ipotizzato 50 mila profughi veri, che non sono quelli che vediamo in queste ore. Ripeto: la stragrande maggioranza non sono libici e non c’entrano nulla con il conflitto in Libia».
Lei auspica una politica di respingimenti ancora più rigorosa?
«Innanzitutto ci vuole una politica. Ci sono i trattati internazionali e le leggi, l’Europa non può lasciare l’Italia da sola. Nessuno può pensare che la destabilizzazione del Nordafrica sia una faccenda solo italiana, non possiamo diventare la porta d’ingresso in Europa mentre l’Europa sta a guardare nullafacente. Lo dice una regione che diventa meta naturale di questi immigrati».
Il Veneto è pronto a ospitare i profughi?
«Faremo la nostra parte. Noi appoggiamo il piano abbozzato dal ministro con tutte le regioni, ma si tratterà di dare asilo politico».
Quanti ne accoglierete?
«Impossibile dirlo oggi. Stiamo parlando di un mero esercizio teorico. La cifra di 50mila profughi è virtuale, e al momento è pari a zero. E poi occorreranno opportuni correttivi».
Di che tipo?
«Il Veneto ha già un’importante pressione demografica straniera, siamo la terza regione in Italia con circa 700mila immigrati di cui almeno 30-40mila disoccupati a causa della crisi. Abbiamo avuto l’alluvione, che ha coinvolto 370 comuni veneti su 580».
Oltre il 60 per cento.
«Per questo chiederemo i giusti correttivi: nemmeno in Abruzzo si può mandare la stessa percentuale di immigrati stabilita per altre regioni. In Veneto non abbiamo strutture, l’hanno scritto anche i prefetti: le caserme buone sono state vendute, quelle rimaste sono ferrivecchi, ci vogliono mesi di lavoro per sistemarle».
Qualche suo collega governatore propone di dare ai nordafricani permessi temporanei di pochi mesi.
«Sono cose che decide il ministro. Maroni ha dimostrato di seguire bene il settore e di avere una strategia. Quando puntualizza la differenza tra clandestino e rifugiato, è musica per le mie orecchie».
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