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In questo mondo l’Italia non c’è

C he freddo a Helsinki. Freddo per noi italiani che vediamo scolorire l’azzurro del cielo e l’azzurro di quelle maglie che sembrano indossate da poveri pupazzetti. Questi campionati lucidano gli occhi di tutto il mondo. Irresistibile il fascino di Carolina Kluft, adorabile wonder woman nella battaglia all’ultimo giro degli 800 metri con Eunice Barber, supervitaminizzata colorata francese. Si parla di eptathlon, la specialità delle superdonne: ha vinto Carolina, ma brave tutte e due. E che dire dello sprint regale di Justin Gatlin, delle meraviglie etiopi dei 10mila metri o dei salti da tigre affamata di Trecia Smith dove perfino un’algerina è arrivata davanti a Magdelin Martinez, cubana fasulla visto che le altre due si sono piazzate avanti.
Basta sfogliare ordini d’arrivo e classifiche per godersi un mondo che cammina, corre, salta, lancia, ed è fatto per stupire. Basta scorrere l’elenco delle imprese nostre per scoprire un mondo che non c’è, un’Italia che non c’è. Colpiti dal mal di stomaco o dalle gambe dure nella marcia, inermi negli sprint della Levorato e di Collio, presuntuosi in Carabelli, il giovane ostacolista che aveva detto a Mori: «Se non vali meno di 49", ritirati». Lui ha corso la semifinale dei 400 hs in 49"77. Per ora ha fatto solo le valigie. Meglio chiudere gli occhi davanti alla finale del triplo di Magdelin Martinez, entrata negli otto per un colpo di vento fortunato e finita ultima come una intrusa qualsiasi. Ma questa è l’Italia dell’atletica: italiani veri o adottati, poco cambia. Solo gente da terzo mondo. Consoliamoci: oggi fanno tutti vacanza.

Non c’è rischio di figuracce.

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