Politica

«Ma questo non è un nuovo Sessantotto»

«La violenza nelle banlieue nasce da una mancata integrazione»

Alberto Toscano

da Parigi

«Non è esatto definire nuovo Sessantotto ciò che sta accadendo nelle periferie francesi», ci dice il grande sociologo francese Alain Touraine, docente all'Ecole des Hautes Etudes en sciences sociales di Parigi e intellettuale di primissimo piano a livello europeo e mondiale. Alla fine del 2003, quando si trattò di creare una commissione di filosofi e sociologi francesi destinata a riflettere sul problema del «velo islamico» nelle scuole e nella società, il presidente della Repubblica Jacques Chirac volle che il nome di Alain Touraine venisse inserito in questa élite di saggi, che si è poi espressa a favore della proibizione del chador in classe.
Qual è il senso dell'attuale «intifada delle banlieues», che si sta estendendo alla Francia intera?
«C'era una volta una Francia capace di integrare i suoi immigrati. Una Francia che aveva bisogno di manodopera straniera e che riusciva a fare in modo che i nuovi venuti si sentissero sostanzialmente a casa loro, grazie tra l'altro al suo sistema scolastico. Quanto ai figli e ai nipoti degli immigrati, quasi non si chiedevano neppure le proprie origini, talmente si sentivano francesi».
E poi?
«Poi è venuta una generazione di integrazione riuscita solo a metà e infine è venuta la generazione attuale: quella dei giovani per i quali l'integrazione è un fallimento completo. Spesso sono nati in Francia e hanno passaporto francese, ma non si sentono francesi. Anzi, si sentono respinti dalla Francia».
È la conseguenza della disoccupazione, forte in particolare proprio nelle banlieues urbane?
«Questo un modo riduttivo di concepire il problema. Naturalmente c'è anche l'elemento della disoccupazione ed è ovvio che le cose sarebbero più facili se tutti avessero un lavoro. Ma ci sono altri due fattori».
Quali, professore...
«Il primo sta nella precisa sensazione dei giovani immigrati di seconda e terza generazione d'essere “respinti” dai francesi. Questa sensazione di rigetto è stata esaltata dall'espressione “feccia”, che il ministro Sarkozy ha usato a proposito dei primi incidenti e di chi li aveva provocati».
E il secondo elemento?
«In questa Francia che si crede tanto moderna, le banlieues “sfavorite” sono teatro di fenomeni di chiusura comunitaria talvolta assai gravi, di cui la punta dell'iceberg sta proprio nell'imposizione del velo islamico alle ragazze da parte delle loro famiglie».
C'è chi ha parlato di «nuovo Sessantotto». Lei che ne pensa?
«Il Sessantotto espresse la delusione nella società da parte dei figli di ceti che erano progrediti nella scala sociale e che erano giunti ai livelli alti dell'istruzione, ossia all'università.

Questa violenza è invece il frutto di una mancata integrazione che si traduce in una dis-integrazione nel vero senso della parola».

Commenti