Roma Una lettera esplosiva per Umberto Bossi, un proiettile per Silvio Berlusconi. Il Viminale li definisce veri e propri atti di terrorismo politico. Condivide questa analisi sottosegretario Mantovano?
«Se il ministro dell’Interno parla di terrorismo è necessario dare subito una risposta adeguata. Terrorismo non è soltanto Al Qaida o Brigate Rosse. Terrorista è chi attraverso l’intimidazione cerca di paralizzare la vita quotidiana. Purtroppo in alcuni casi la risposta è stata invece troppo blanda».
Da parte di chi?
«Non mi riferisco né alle forze dell’ordine né alla magistratura inquirente, che hanno sempre agito in modo puntuale e con tempestività. Purtroppo invece in passato abbiamo assistito a sentenze troppo blande o addirittura assolutorie nei confronti di questo tipo di crimini. Mi pare che spesso la magistratura giudicante non valuti a fondo la gravità fenomeno. Non voglio fare polemica ma anzi promuovere una collaborazione tra istituzioni. A volte i magistrati che devono giudicare questi casi dimostrano una scarsa conoscenza del fenomeno. Un anarchico che manda missive esplosive non è un ragazzotto esuberante da affidare al controllo della mamma. Non vorrei si ripetessero errori già visti in passato».
Quali?
«Penso anche ad un certo tipo di approccio al terrorismo islamico. Ricordo che ci fu chi definì un terrorista di Al Qaida un “resistente”. Temo si continui a fare errori altrettanto gravi nei confronti degli anarco-insurrezionalisti».
La busta esplosa nel centro postale di Milano era indirizzata a Maroni e firmata Fai, Sorelle in armi-nucleo Mauricio Morales.
«La Federazione anarchica informale rappresenta un cartello che unisce varie sigle, comparso per la prima volta nel 2003 nella rivendicazione dei pacchi bomba indirizzati a Romano Prodi, allora commissario europeo. Tra il 2003 e il 2007 ci furono una trentina di attentati e poi il silenzio fino ai due episodi dello scorso dicembre alla Bocconi e al Centro di identificazione ed espulsione Gradisca. Sorelle in armi è il titolo di un film sulla guerra degli anni ’40 mentre Mauricio Morales, è un anarchico cileno morto nel 2009 a Santiago del Cile mentre trasportava una bomba».
Nella missiva esplosiva tra le accuse rivolte a Maroni si fa cenno ad un episodio di stupro che sarebbe avvenuto nel Cie di via Corelli.
«Gli anarchici hanno sempre avuto tra i loro obiettivi i centri di espulsione. In questo caso hanno preso a pretesto un presunto caso di violenza da parte di un ispettore sul quale è già in corso un procedimento per accertare eventuali responsabilità».
Anche se l’obiettivo sono i Cie non si può ignorare il fatto che l’attentato sia avvenuto alla vigilia del voto.
«Credo che il legame con le elezioni sia soltanto quello di avere una maggiore visibilità. Lo scopo è quello di affermare una sorta di supremazia sulle altre sigle, non credo siano le elezioni».
Lo scontro tra maggioranza e opposizione già duro si è inasprito con l’avvicinarsi delle elezioni. Non crede che questo clima abbia a che fare in qualche modo con quanto accade?
«Noi possiamo fare propaganda o possiamo fare un’analisi. Se vogliamo capire che cosa succede non dobbiamo mettere tutto insieme: brigate rosse e anarchici; la busta con il proiettile e l’episodio di piazza Duomo. Per questo ultimo caso non c’è dubbio si tratti del frutto di un clima politico troppo conflittuale. Le parole di Antonio Di Pietro che ci definisce piduisti e fascisti possono accendere gli animi ed influenzare le menti più deboli, gli psicolabili. Gli attentati anarchici invece non hanno sicuramente nulla a che fare con Di Pietro, seguono altre logiche ed altre regole ed hanno altri obiettivi».
Quali?
«Oggi un punto caldo è quello del nucleare. A mano a mano che verranno individuati i siti ci sarà qualcuno che proverà ad fare azioni dirette ad impedire la realizzazione di nuove centrali.
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