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"Qui si è persa la voglia di rischiare"

"Qui si è persa la voglia di rischiare"

«Il Nord Est? Mi sembra ripiegato su se stesso. Forse il modello aveva più difetti di quanti pensassimo». Gianni Mion, classe 1943, è l'artefice della diversificazione del gruppo Benetton. Per 30 anni ha affiancato i fratelli di Ponzano Veneto e allargato il loro raggio di attività dall'abbigliamento ad attività come autostrade, autogrill, supermercati e stazioni ferroviarie. L'anno scorso ha lasciato la famiglia di Treviso ed è diventato presidente della Popolare di Vicenza.

La crisi iniziata nel 2007 ha cambiato tutto. Che cosa è successo?

«Sono a venuti a galla i problemi. Storicamente per esempio l'azienda veneta è sempre stata sottocapitalizzata e si è finanziata con il debito bancario. Un tempo si diceva che i debiti stavano in azienda e la cassa in famiglia. Le banche davano i soldi e in qualche modo sono state il vero socio di capitale di molte imprese. Senza però essere capaci di farlo. Non sono state in grado di dare gli stimoli giusti, di contribuire all'apertura del capitale, di migliorare la qualità della gestione. Da questo punto di vista vedo la differenza con la Lombardia dove c'è un'apertura al mondo iniziata da più generazioni. Qui il controllo è rimasto saldamente e rigidamente in mano all'imprenditore».

Leggendo le inchieste giudiziarie che vi riguardano si rimane impressionati proprio dalla quantità di imprenditori che accettavano di avviare operazioni spericolate come i cosiddetti prestiti baciati, quelli che servivano a sottoscrivere le azioni delle banche che li concedevano.

«Il problema è che molti industriali sono passati dalla vacanza a Jesolo all'estate in Sardegna o alla villa a Cortina».

Che cosa intende?

«È subentrato l'autocompiacimento, si è persa la voglia di intraprendere che è stata sostituita dal desiderio di guadagnare comunque senza rischiare nulla. Poi, naturalmente, c'è l'altra faccia della medaglia».

E cioe?

«Quella delle banche. La crisi di Lehman Brothers è di 10 anni fa, ma istituti come la Popolare di Vicenza o Veneto banca hanno continuato ha operare come se nulla fosse. A gonfiarsi come rospi per acquisire quote di mercato. Ormai in banca non si va più e si fa tutto online. Ma nei nostri istituti il personale ha continuato ad aumentare come una volta. Intendiamoci: il Nord Est resta una miniera di storie imprenditoriali favolose. La creatività c'è. Ma le banche non l'hanno stimolata. E il risultato è che molte tra le imprese a cui la Popolare di Vicenza ha prestato soldi non sono in grado di preparare un budget gestionale standard. Lavorano come 30 anni fa. C'è un caso che mi colpisce particolarmente».

Quale?

«L'area della calzatura sportiva di Montebelluna. Ho letto da poco l'autobiografia di Phil Knight, il fondatore e maggiore azionista della Nike. Nel libro racconta di quando la sua azienda ha creato proprio dalle parti di Montebelluna un centro di sviluppo. La stessa cosa ha fatto l'Adidas. Tutti sono venuti in Veneto a imparare come si facevano le scarpe. Poi con quello che avevano imparato sono riusciti a creare dei colossi che dominano i mercati mondiali.

Le nostre aziende del settore piccole erano e piccole sono rimaste».

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