(...) centimetri daltezza per cinque chili di oro massiccio. «Gioiello? Meglio scultura perché a differenza della maggioranza dei trofei, il mio è prima di tutto una scultura. Quel movimento a spirale, quella tensione che sorge dalla base fino alla sommità gli conferisce un dinamismo plastico, scultoreo. O, almeno, credo che siano questi gli elementi che suscitano linteresse di chi losserva».
E con le mani, Gazzaniga, disegna le curve della «sua» creatura: rivive gli istanti di quella Coppa che è diventata mitica, sfoglia lalbum della memoria e non può far a meno di sentire la gioia e lorgoglio dei tanti conquistatori, «Franz Beckenbauer è stato il primo giocatore a sollevare il trofeo. Anche Dieguito Maradona lha innalzato tra i coriandoli degli argentini a Città del Messico. E lItalia, ragazzi, Zoff...». Commozione sempre più palpabile mentre da un cassetto estrae bozzetti, disegni e appunti della «sua» Coppa: «Mi sono ispirato agli atleti e al mondo. Volevo creare qualcosa che simboleggiasse lo sforzo fisico ma che allo stesso tempo esprimesse armonia, semplicità e pace. Una silohuette lineare e, comunque, grandiosa di un calciatore nel momento della vittoria che non è però un superuomo».
Non cè bisogno di fare domande, il maestro Gazzaniga, è un fiume in piena, «se me lo richiedessero, be credo che farei pochi cambiamenti alloriginale. Ha trentasei anni ma non li dimostra». Impossibile dargli torto, la Coppa «che parla milanese» non è certo stata erosa dal passare del tempo. «Lanno scorso ho dovuto rimetterla un po in ordine. È stato emozionante ritoccare loriginale, di proprietà della Fifa. Il fondo era rovinato, le strisce di malachite andavano sostituite e per riportare loro alla lucentezza originale abbiamo dovuto fare diversi bagni.
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