Roma - C’è stupore sul Colle, e anche un pizzico di irritazione. «Ma come si fa», dicono, a pensare che il capo dello Stato stia tramando contro Berlusconi, quando «ha difeso la sua legittimità» anche dal Financial Times, come ha scritto ieri pure il Giornale? Come è possibile sospettare che proprio lui, «culturalmente ostile» a gabinetti tecnici, di emergenza nazionale o di salute pubblica, stia lavorando per un governissimo? Giorgio Napolitano l’ha detto più volte: «Non esistono governi del presidente. Tutti gli esecutivi che nascono sono politici e parlamentari perché investiti dal voto di fiducia delle Camere».
E la linea non è cambiata nelle ultime ore: il Cavaliere sarà pure in difficoltà o a rischio disarcionamento, ma finché è in carica può e deve governare. Non sarà quindi il presidente della Repubblica a farlo cadere, inutile giocare di sponda sperando che da Napolitano arrivi la spallata decisiva. Intanto non può, perché «non è un re e non ha potestà di revoca»: l’arma più tagliente a sua disposizione, oltre alla solita moral suasion, è un messaggio formale al Parlamento. E soprattutto non vuole, perché ora al Paese «serve stabilità» e il «confronto aperto e concludente per uscire dalla morsa alto debito-bassa crescita che stringe l’Italia».
Dunque occorrono «altre prove di coesione» perché anche dopo la manovra i rischi non sono finiti. E qui scatta l’equivoco che fa perdere la pazienza ai collaboratori del presidente. «È inaccettabile la confusione che viene fatta tra l’appello alla coesione e un’ipotetica voglia di governissimo». Il capo dello Stato, si precisa, «indica un metodo, non una formula politica». È vero, ci sono questioni, come l’economia e certe riforme, che richiedono responsabilità comuni, però «in una democrazia la distinzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione è fondamentale».
Il messaggio del Quirinale ha dunque due destinatari. La maggioranza che non si fida di lui, che sospetta manovre, che critica il suo protagonismo e la sua «Repubblica presidenziale» di fatto già insediata.
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