La rabbia dei sindacati, esclusi dall’incontro con l’ex leader sindacale

Nell’elenco infinito di forze politiche e parti sociali interpellate da Marini mancano gli autonomi. Che lo attaccano: "Smentita la sua fama di democratico". L’estrema sinistra gli ha dato il via libera a eccezione del Pdci che teme un patto Berlusconi-Veltroni

La rabbia dei sindacati, esclusi dall’incontro con l’ex leader sindacale

da Roma

Per convincere il centrodestra a prendere sul serio il suo tentativo, Franco Marini ha chiesto di riconoscere il suo «sforzo». Termine appropriato e non solo perché il sentiero verso il nuovo governo è considerato «stretto» anche dai pochi ottimisti. Il fatto è che tra giovedì, quando la sua esplorazione è iniziata, e lunedì prossimo, il presidente del Senato avrà ascoltato 26 partiti. Ai quali vanno aggiunte 13 organizzazioni sindacali e delle imprese.
Tante, anche se in questo caso, a differenza dei partiti, non tutti sono stati convocati. All’incontro di questa mattina tra Marini e le parti sociali ci saranno infatti i tre sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, che si sono schierati da tempo a favore della formazione di un nuovo governo in questa legislatura. Poi l’Ugl, organizzazione sindacale vicina alla destra, ma contraria ad elezioni subito. Andranno da Marini anche nove organizzazioni delle imprese: Confindustria, Confcommercio, Confcooperative, Confagricoltura, Confartigianato, Cna, Confesercenti, Lega cooperative e Casartigiani. Le stesse che martedì hanno stilato un «Manifesto per la governabilità», per sostenere un governo che vari una nuova legge elettorale. Manca all’appello il sindacalismo autonomo. Sigle come la Confsal, che si è schierata nei giorni scorsi per andare subito alle elezioni. E che ieri ha attaccato Marini per l’esclusione. «Con la mancata convocazione dei sindacati autonomi il presidente Marini ha smentito clamorosamente la sua fama di politico dialogante e coerente con i più alti principi di democrazia», ha protestato il segretario Francesco Cavallaro.
Esclusa, tra le organizzazioni datoriali, la Confapi, il cui presidente Paolo Galassi ha chiesto elezioni subito. In questo caso la mancata convocazione non ha disturbato la confederazione delle piccole e medie imprese, poco interessata alla legge elettorale.
Oggi, insomma, per Marini sarà una giornata di tutto riposo. Soprattutto se confrontata con le 12 ore di lavoro di ieri, durante le quali ha incontrato 16 partiti. Tre formazioni comuniste (il Pdci, Rifondazione comunista e Sinistra critica del senatore Franco Turigliatto), tutte più o meno favorevoli a un governo elettorale, meno il Pdci di Oliviero Diliberto, spaventato dalla prospettiva di un’alleanza tra Partito democratico e Forza italia. In lista anche due formazioni socialiste, il Partito socialista di Enrico Boselli e il nuovo Psi di Stefano Caldoro, i primi ben disposti verso Marini, i secondi a favore di elezioni subito. In lista ieri mattina anche i Verdi, Italia dei Valori e l’Udc. Sempre in ambito centrista, il siciliano Mpa e il Pd Meridionale di Pietro Fuda. Consultate anche due formazioni che hanno creato fastidi al governo Prodi: la sinistra del Movimento politico dei cittadini di Fernando Rossi e l’Unione democratica di Bordon e Manzione.
Una fatica che si ripeterà tra due giorni. E non perché saranno convocati tanti partiti.

L’impegno questa volta è soprattutto politico. Lunedì toccherà al Partito democratico, poi anche ad An e Forza Italia. Cioè il partito che potrebbe aprire quello «spiraglio» che secondo Marini potrebbe essere la chiave per la nascita del suo governo.

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