Rabbia e disgelo Cuba apre i cieli agli aiuti americani Obama contestato: «Nero come noi ma ci abbandona»

La tragedia di Haiti ha aperto un nuovo spazio di dialogo tra gli Stati Uniti e Cuba. Il governo cubano ha concesso il suo spazio aereo ai voli americani che partono dalla base di Guantanamo, dove gli Usa stanno portando alcuni dei feriti evacuati da Haiti, per fare in modo che raggiungano più velocemente la Florida. Dal punto di vista umanitario, il corridoio aereo cubano permette di accorciare di 90 minuti il tempo di volo verso Miami. Gli aerei americani da e per Guantanamo anziché seguire le rotte abituali, in base alle quali sono costretti ad aggirare l’isola, potranno sorvolarla, rendendo così più rapidi i soccorsi. L’apertura del corridoio Guantanamo-Miami appare importante anche sotto il profilo diplomatico. Perché è stata resa nota dalla Casa Bianca; e perché per la prima volta gli Stati Uniti utilizzano la base di Guantanamo a Cuba non esclusivamente per la detenzione di prigionieri sospettati di terrorismo, ma come avamposto di tipo umanitario. Il corridoio rappresenta, nei fatti, un’altra tappa nel processo di riavvicinamento tra Usa e Cuba. Guantanamo geograficamente è di fronte a Port-au-Prince, esattamente 332 chilometri di mare separano le due località, meno di 20 minuti di volo. La possibilità da parte americana di trasformare Guantanamo in una sorta di ponte aereo è fondamentale per l’efficacia dei soccorsi. E intanto monta la protesta della gente contro Obama. «Siamo molto arrabbiati con Obama: ci ha abbandonato come ha fatto il resto del mondo». Migliaia di sopravvissuti, disperati fanno la fila per ricevere gli aiuti distribuiti dai dominicani, i vicini più fortunati. Basta che si avvicini un cronista bianco con un taccuino tra le mani che subito a decine si affianchino per dar voce alla loro indignazione. Thomas, un uomo di mezza età, dice: «Sono molto arrabbiato con Obama. Non ha fatto ancora niente.

Noi siamo la nazione nera che ha abolito per prima la schiavitù e ora abbiamo bisogno di lui, del primo presidente degli Stati Uniti nero come noi. Ma - urla Thomas - non ne abbiamo bisogno tra cinque, sei o dieci giorni, ma ora!».

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