In fondo, era tutto già scritto nei tre accordi di mandolino - molto Tiromancino in La descrizione di un attimo, un capolavoro assoluto - che erano la cifra stilistica che ha bucato le frequenze lo scorso anno con Semplicemente. Stile minimalista, quasi sussurrato, grado zero della musica e del testo, poi ritrovato a Sanremo con Svegliarsi la mattina, l’altro bel tormentone da playlist che ha conquistato le radio italiane da febbraio ad oggi.
Del resto, lo diceva già il nome stesso. Due che decidono di chiamarsi Zero Assoluto è chiaro cosa hanno in testa. Anche l’ultimo singolo, assolutamente destinato a ripercorrere le orme trionfali dei precedenti, va in questa direzione, quasi una dichiarazione d’amore per le piccole cose. Si chiama Sei parte di me e parla di amori adolescenziali, di piccoli turbamenti, di dolcezze dolcissime. Siamo nei dintorni di Tre metri sopra il cielo, dei pomeriggi di Notte prima degli esami, della meglio gioventù, non nel senso del film, ma della spensieratezza, prima della perdita dell’innocenza.
Sembra robetta, ma - credetemi - è davvero merce rara, qualcosa di difficile da trovare. La verità è che le canzoni degli Zero Assoluto bucano la radio perché gli Zero Assoluto sanno fare radio. Matteo Maffucci e Thomas De Gasperi sono amici che cantano, fanno radio e tivù, prima ancora di essere cantanti, televisivi, radiofonici. E la differenza non è da poco. Persino quando andavano in televisione, con un programma in onda su Hit Channel che si intitolava Terzo Piano, Interno B, persino allora - dicevamo - facevano già radio. Con la combinazione di due caratteri diversissimi: pazzariello, estroverso, ai confini della logorrea Matteo, figlio d’arte di un pezzo di storia di Raiuno; taciturno, calmo e riservato Thomas. Non due limiti, ma due parti di una ricchezza.
Quella era già radio, così come è radio pura Suite 102,5 il programma che Matteo e Thomas hanno avuto in appalto ogni sera, dal lunedì al venerdì, su Rtl 102,5 dalle 21 alle 24. Un programma, sostanzialmente, fatto di niente, dove però centinaia di ragazzi e ragazze fanno la fila ogni sera per dichiarare semplicemente (o Semplicemente?) «Io sto bene nella suite!». Una frase da zero assoluto della comunicazione che, però, è diventato un lasciapassare di una generazione.
Matteo e Thomas - così come i ragazzi di Fausto Brizzi, così come il popolo che lascia i lucchetti a Ponte Milvio perché ha letto i libri di Federico Moccia - fotografano una generazione.
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