Roma - Nuovi «martiri» in casa Rai. Dopo Michele Santoro, Roberto Saviano e Milena Gabanelli i prossimi a denunciare l’ennesima minaccia di «epurazione» potrebbero essere i dipendenti del settore «Trucco e parrucco», che il piano industriale del direttore generale Mauro Masi vorrebbe affidare all’esterno.
In un’azienda paralizzata dalle «sinistre» intromissioni politiche, anche un minimo intervento può scatenare una guerra santa. Per non parlare della prossima tornata di nomine che dovrebbe essere al centro del cda di giovedì prossimo. Si tratta di avvicendamenti più o meno predisposti sin dall’estate,ma che le turbolenze finiane nel governo hanno fatto saltare.
I nomi sono sempre i soliti: Franco Ferraro (quota Lega) alla guida di Rai News al posto di Corradino Mineo, vicino alla sinistra, che verrebbe spostato a Rai Parlamento . Per i canali tematici, infine, è previsto qualche aggiustamento in funzione delle nuova offerta televisiva. Al momento sono poche le chance di un cambio alla guida di Raidue tra Massimo Liofredi e il vicedirettore del Tg1, Susanna Petruni, giacché l’intervento su una rete è possibile se e solo se è stabile il quadro politico.
Un nuovo caso-Ruffini potrebbe essere sempre dietro l’angolo. Ecco perché il campo di battaglia si è spostato su un altro terreno, più economico ma non meno politico: quello dei conti. La tv pubblica si appresta a chiudere il 2010 con un passivo compreso tra i 110 e i 120 milioni di euro (116 milioni la perdita stimata) e anche l’anno prossimo il trend non sarà invertito. Ma il piano industriale messo a punto dal direttore generale è ambizioso: pareggio di bilancio nel 2012. Una chimera? Sulla carta l’obiettivo potrebbe essere raggiunto in quanto si prevede, oltre al taglio del 20% di appalti esterni, consulenze e «auto blu», una riduzione del personale di oltre mille unità sui circa 12mila attualmente in organico attraverso prepensionamenti, esodi incentivati e blocco del turnover.
Attesi anche uno stop agli scatti di anzianità e la valorizzazione degli impianti di trasmissione che sarebbero affidati in gestione a privati. Ma anche attraverso l’ outsourcing ,cioè l’affidamento esterno di competenze finora svolte in Rai come il servizio abbonamenti (ipotesi legata all’inserimento del canone nella bolletta elettrica in funzione antievasione) e, appunto, il «Trucco e parrucco». Settore delicatissimo quello del makeup televisivo che ha messo i sindacati sul piede di guerra, pronti a ricorrere allo sciopero come hanno già fatto a inizio 2010 in Mediaset che aveva individuato una soluzione analoga per ridurre i costi.
Questa volta Cgil, Cisl e Uil sono unite nel «no» ai tagli e lo hanno ribadito anche ieri nell’incontro con Masi che ha aggiornato le rappresentanze dei lavoratori sul business plan . I sindacati, invece, cercano una posizione unica sulla possibilità di sedersi a un tavolo per presentare modifiche al piano che però non ne modifichino gli effetti economici. A paradosso rischia così di aggiungersi paradosso.
Non solo la Rai con un Parlamento a maggioranza di centrodestra ha visto il moltiplicarsi degli spazi garantiti agli anchorman di opposizione con «Michele chi?» sempre in prima linea. Ora potrebbe crescere il malcontento delle risorse interne di un’azienda che, come tante altre controllate statali, in passato è stata utilizzata più come «ammortizzatore sociale» che come servizio pubblico.