Fabrizio de Feo
da Roma
La Casa delle libertà alza le barricate. E si prepara a resistere allultimo assalto al fortino Rai: quello al Consiglio di amministrazione. Sì, perché lUnione, dopo aver messo le mani sulla presidenza e sulla direzione generale, cerca lultimo rilancio: la rimozione forzata del consigliere nominato dal Tesoro, Angelo Maria Petroni. Una mossa che consentirebbe al centrosinistra di ottenere la maggioranza nel Cda e gestire in proprio la Rai. Con buona pace della legge Gasparri che impone alla politica una gestione bipartisan del servizio pubblico radiotelevisivo e tenta in ogni modo di allontanare la tentazione dei blitz «monocolori».
Il tentativo di spallata da parte dellUnione dovrà però superare parecchie resistenze. Il centrodestra, infatti, si dice pronto a uno «scontro a tutto campo, anche in Parlamento», come promette Maurizio Gasparri, se scatterà il colpo di mano. E lancia in questo senso un appello al Quirinale. «Napolitano non può fare interviste da capitano non giocatore della sinistra quando gli interessa e dichiararsi estraneo al gioco politico quando è la sinistra ad attuare prepotenze» dice lesponente di An. Una linea fatta propria anche da Paolo Bonaiuti che fa notare lincoerenza dellUnione «pronta a dialogare al Senato dove è forzata ad allargare la maggioranza e a chiudere sulla Rai. Con tanti saluti allopposizione».
Ma, al di là dei propositi barricadieri della Cdl, ci sono resistenze e divisioni nello stesso centrosinistra con cui fare i conti. Il ministro dellEconomia, infatti, non sembra entusiasta allidea di procedere a una rimozione forzata di Petroni. Prodi, invece, spinge per ottenere quella poltrona dove vorrebbe piazzare Alessandro Ovi, suo ex collaboratore dai tempi della privatizzazione dellIri e successivamente manager Telecom, Tecnitel e Generali. Se Tommaso Padoa-Schioppa cerca di far passare la linea del buon senso, anche Claudio Cappon (che ha già minacciato due volte le dimissioni rivendicando la propria autonomia) resta freddo di fronte allipotesi di un nuovo consigliere targato centrosinistra. In questo momento il dg rappresenta il punto di equilibrio tra due spinte politiche contrapposte e paritarie. Una condizione privilegiata che gli consente di governare la Rai come una vera azienda e non come una dépendance parlamentare. Da questo punto di vista sono passate tuttaltro che inosservate le sue prime nomine: quelle di Giancarlo Leone, Lorenza Lei, Nicola Claudio e Giuseppe Pasciucco. Quattro dirigenti di valore, scelti fuori dalle spartizioni, con una apertura importante alla generazione dei quarantenni. Un piccolo miracolo che difficilmente si potrebbe ripetere in caso di occupazione forzata, visto che la pressione politica - soprattutto, pare, di Rifondazione e Udeur, ma anche dei Ds - impedirebbe di procedere a scelte basate quasi esclusivamente sul curriculum, magari anche con un ricorso al mercato.
Lo scenario è il seguente: mercoledì lUnione tenterà lultimo assalto prima della pausa estiva. Una riunione del Cda in cui Cappon, peraltro, proverà a proporre la nomina di Franco Di Loreto per un ruolo strategico come quello di capo del personale. Tutto lascia credere, però, che la questione del Cda verrà rimandata a settembre. Qualora non si arrivi a una soluzione «pacifica» la Cdl potrebbe optare per la linea dura con le dimissioni dei suoi consiglieri e la successiva nomina di un nuovo presidente al posto di Petruccioli. Laltra possibilità è che decida di concordare da una posizione di forza la nuova tornata di nomine. Nomine che potrebbero prevedere lingresso di un nuovo direttore per Rai News 24. Una testata che sarà rafforzata per fronteggiare la concorrenza sempre più agguerrita di SkyTg24.
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