La Rai prova a fare la tv di Stato col Rigoletto in mondovisione

MantovaQuesta sera alle 20,30 quando l’annunciato Rigoletto nei luoghi e nei tempi dell’opera originale andrà in diretta su Raiuno, in mondovisione in 148 paesi (Europa, Medio Oriente, Australia) e introdotto da un discorso del Presidente Giorgio Napolitano, si saprà se la grande sfida di coniugare lirica, cinema e televisione sarà stata ancora una volta vinta. Perché questo non è solo la diretta, questo è il teatro, in cui l’imponderabile continua a giocare il suo ruolo. Placido Domingo, debuttante di lusso nel ruolo del Gobbo, avrà recuperato la voce che ieri ha fatto le bizze? E i mille congegni che devono consentire il perfetto sincronismo fra musica, canto, movimento e trasmissione (niente satelliti, solo ponti e qualcosa come quattro regie digitali e 30 chilometri di cavi) si incastreranno alla perfezione l’uno nell’altro?
Per adesso, prima che abbiate pigiato il telecomando, sono le ultime ore della vigilia quelle che raccontiamo, in cui gli umori, i timori, le vanità, le aspettative ribollono come le passioni del più cupo melodramma uscito dalla mente musicale di Verdi e da quella del suo librettista Francesco Maria Piave. Zubin Mehta, classe 1936, direttore del Maggio Musicale fiorentino e in questo caso dell’Orchestra Nazionale Rai: il maestro indiano di origine «parsi», uomo affascinante e impetuoso, più che delle sorti di questo debutto sembra preoccupato di quelle del suo Maggio e spara a zero contro i tagli ai teatri e contro il ministro Bondi: «Il teatro è una tragedia, la musica è una tragedia. I fondi promessi al Maggio per le trasferte in Giappone sono stati negati. È una shame, come si dice, una vergogna». Poco dopo la risposta di Bondi: «Non sa di cosa sta parlando».
Visibilmente soddisfatto, il neo-sindaco Pdl di Mantova Nicola Sodano, che ha messo a disposizione un’intera città, ringrazia invece tutti: «Questa - dice - è una grande occasione per Mantova». La città intorno splende nella sua intatta, preservata bellezza, non solo sfondo ma interprete del capolavoro verdiano. Con una «licenza poetica» in questo caso perfettamente giustificata Andermann (ideatore e produttore che ha al suo attivo nella «Via della musica» nata 18 anni fa anche la Tosca romana del 1992 e la Traviata parigina del 2000) ha trasferito il primo atto dal Palazzo Ducale a Palazzo Te «perché il palazzo è stato voluto da Federico II Gonzaga come luogo di piaceri, anche estremi».
Ed ecco il duca libertino e la sua corte di aristocratici pavidi e infidi nelle meravigliose sale affrescate da Giulio Romano e poi nel giardino segreto dove l’innocente figlia di Rigoletto verrà corteggiata da uno «studente e povero», in realtà il Duca sotto mentite spoglie. Poi il secondo atto «della maledizione» a Palazzo Ducale e infine il fosco epilogo nella torre di guardia chiamata «Rocca di Sparafucile».
Primo atto, si è detto, alle 20,30 di oggi, secondo atto domani alle 14, terzo e ultimo atto domani sera alle 23,15. La necessità di cantare con questi lunghi intervalli temporali pone qualche problema sia di voce sia di concentrazione a Placido Domingo, 70 anni a gennaio, 131 ruoli al suo attivo. Ma il generoso cantante (già splendido Mario Cavaradossi nella precedente Tosca televisiva) non si preoccupa: «Sarà uno spettacolo stupendo. Non volevo proprio farlo, questo ruolo da baritono, ma non sono riuscito a resistere ad Andermann». L’insolito matrimonio fra teatro d’opera e televisione lo trova perfettamente consenziente: «La lirica deve uscire dal chiuso dei teatri. Sì ai grandi concerti all’aperto, sì al grande pubblico».
Alla faccia di quei critici puristi che storcono il naso su queste «profanazioni», attenti sempre al fiato preso male, all’acuto che non li convince. «Sono consapevole di fare un’operazione di divulgazione - dichiara il regista Marco Bellocchio - ma è pur sempre una divulgazione culturale». E che non manca mai di rispetto all’opera a differenza di tanti allestimenti «rivoluzionari» e stravolgenti. «Non credo a queste provocazioni -dice ancora Bellocchio - tutto qui si svolge in un contesto rispettoso delle ragioni musicali e del testo». Lavorare sulla lirica «dove ogni dramma è un falso» la ritiene una grande sfida «perché qui invece tutto è continuità e logica». All’interno di un’opera non solo di grande potenza, ma di sconcertante modernità. «Il dramma di Rigoletto è quello di chi ha venduto l’anima al diavolo, in questo caso al potere. Tenta infine di vendicarsi, ma la vendetta ricade su di lui e il cattivo, se ne va impunito. Non è modernissimo tutto questo?».
Pronti con il telecomando dunque (sarete un miliardo, a quanto si calcola), perché lo spettacolo promette bene. E non solo per la splendida fotografia di Vittorio Storaro, per la classe del grande basso Ruggero Raimondi (Sparafucile), per la dolcezza della giovane e bionda Julia Novikova (Gilda), per il bel timbro del tenore Vittorio Grigolo (il Duca di Mantova) o per il fascino un po’ sfrontato della bella georgiana Nino Surguladze (Maddalena).

È perché la televisione, così spesso e a ragione accusata di realizzare produzioni di basso livello, coniuga questa volta arte e spettacolo. In nome dell’alta definizione, ma soprattutto di un’eccellenza italiana di cui dovremmo essere fieri.

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