Rai, la sinistra sfiducia il suo Cda

I consiglieri della maggioranza difendono Santoro Merlo (Margherita): «È ora che si dimettano»

da Roma

Gli effetti del conflitto ad alta intensità scatenato da Michele Santoro contro Clemente Mastella lasciano il segno. E appiccano nuovi focolai di crisi dentro il centrosinistra, accendendo anche lo scontro che non ti aspetti: quello di una parte della maggioranza contro i consiglieri di Viale Mazzini vicini all’Unione. La disfida fratricida nasce dalla difesa a spada tratta che Claudio Petruccioli, Sandro Curzi, Nino Rizzo Nervo e Rognoni hanno fatto dell’ultima puntata di Annozero, quella dell’impallinamento del ministro della Giustizia a opera di due magistrati come il gip Clementina Forleo e il pm Luigi De Magistris.
Un atteggiamento inconsueto e forse perfino imprudente che molti dentro l’Unione leggono come un tentativo dei consiglieri di smarcarsi dal controllo politico per acquistare un profilo diverso: quello dei paladini della libertà d’informazione. Un ruolo che potrebbe assicurare loro un forte credito presso i movimenti e la sinistra estrema in un momento in cui la tolda di comando della Rai perde forza e vede oggettivamente affievolirsi le proprie possibilità di sopravvivenza. Il segnale più eclatante di questo allontanamento dei consiglieri dai propri referenti politici arriva da una dichiarazione coniata a sorpresa dal vicepresidente della Vigilanza, Giorgio Merlo.
Il parlamentare della Margherita punta il dito contro Ballarò e Annozero, colpevoli di uno «squallido linciaggio, di aggressioni personali, toni inquisitoriali e spirito militante». «Ora le curiose dichiarazioni di alcuni membri del Cda della Rai sulla cosiddetta grande pagina di giornalismo a cui avremmo assistito giovedì con Santoro, - aggiunge Merlo - ha l’immediato effetto di legittimare la richiesta della destra e di alcuni settori della maggioranza di dimissioni dello stesso Cda. Se c’è un organismo dirigente dell’azienda che non si limita a blaterare sui doveri del servizio pubblico per poi assistere passivamente a palesi e macroscopiche violazioni delle più elementari norme che disciplinano l’imparzialità e il pluralismo del servizio pubblico, è giunto il momento che batta un colpo».
«Il problema, infatti, non è Santoro o Floris che esercitano la loro professione nella più completa e totale autonomia editoriale, com’è persino ovvio rilevare. Il nodo politico - conclude - è quello di un Cda che di fronte a palesi violazioni delle norme più elementari di un servizio pubblico, si limita ad applaudire e a complimentarsi».

Una bordata in piena regola, corredata da una postilla sul possibile «dimissionamento» del cda che la dice lunga sul clima da tutti contro tutti che si respira nella maggioranza. Una spaccatura, l’ennesima, confermata dalle parole di Fausto Bertinotti che si schiera a difesa di Santoro. E aggiunge che «in questa difficile fase di transizione di tutto c’è bisogno tranne che di censure».

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