Cronaca locale

Rainero Fassati racconti dalla corsia

Cosa significa essere un medico oggi. Significa affrontare problemi nuovi, come l’eutanasia, o confrontarsi con malattie ancora difficili da curare, come il tumore. Significa scegliere di mascherare, camuffare una verità, in modo da privilegiare la sicurezza psicologica del paziente affinché possa continuare a reagire, perché non perda la sua forza. O in altri casi, al contrario, dimetterlo dall’ospedale per accompagnarlo a una morte più serena. Significa aspettare a trarre delle conclusioni. O capire, troppo tardi, che si è atteso troppo.
Otto casi clinici diversi e, soprattutto, varie vicende umane, raccontate da Luigi Rainero Fassati, medico già ordinario di Chirurgia all’Università Statale di Milano e direttore del dipartimento di Chirurgia dei trapianti del Policlinico, nel suo ultimo libro Gli incerti battiti del cuore (Longanesi, 201 pagg, 16 euro), presentato ieri al Circolo della Stampa, in una conversazione dell’autore con Umberto Veronesi e Isabella Bossi Fedrigotti. Ciò che resta, in ogni situazione descritta da Fassati, è sempre il rapporto che si crea tra il medico e il paziente. Certo, ogni storia solleva tematiche diverse, come il modo di affrontare certi problemi psicologici o i possibili errori medico. Ma alla base di tutto, però, c’è sempre un termine forse scomodo: l’etica, che ogni medico dovrebbe avere come guida principale delle sue scelte. Etica non intesa in senso moralista ma, piuttosto, «come sinonimo di rispetto della volontà del malato», sottolinea Fassati. Ogni caso è singolo, ogni individuo è diverso e ha una sua storia: «La medicina non è una scienza esatta: anche le statistiche tante volte sbagliano perché la natura umana troppo spesso è misteriosa, imperscrutabile e imprevedibile», questa la conclusione a cui Fassati arriva attraverso il suo libro.

E alla sua esperienza di medico e di uomo.

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