da Roma
Due anni fa, allindomani dellelezione, Benedetto XVI sottolineava che il suo compito era di «far risplendere davanti agli uomini e alle donne di oggi la luce di Cristo: non la propria luce, ma quella di Cristo». Nella messa dinizio del pontificato, il Papa non presentava un «programma di governo» perché il «vero programma è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire le mie idee, ma di mettermi in ascolto di tutta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore, di lasciarmi guidare da Lui». Con queste premesse, come ha sottolineato Gian Maria Vian in un articolo di bilancio del pontificato pubblicato sullultimo numero di Vita e Pensiero, la rivista dellUniversità Cattolica, «ha di fatto intrapreso il rimodellamento» del governo papale «allinsegna della semplificazione e del ritorno allessenziale». È questa davvero la chiave di lettura per comprendere Ratzinger, presentato per decenni dai media come il «Panzerkardinal» restauratore. Da Papa, le parole più ripetute sono state «gioia» e «amore»: allinizio dellessere cristiano, ha spiegato nella sua prima enciclica, «non cè una decisione etica o una grande idea, bensì lincontro con un avvenimento, con una persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte».
Certo, oggi cè chi critica Benedetto XVI e adesso rimpiange Giovanni Paolo II (che prima criticava). A proposito di questa contrapposizione, il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, in unintervista pubblicata nel bellissimo inserto di «Avvenire» dedicato agli 80 anni di Ratzinger, ha detto: «È un film già visto.
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