Ray Liotta inciampa in un delitto Ma quanto è tortuoso quel giallo

Immerso in un umorismo involontario questo spocchioso giallo, scritto dallo stesso regista Wayne Beach, procede lungo una border line tra stile televisivo ed ambizioni mal riposte. Doppia ipotesi per un delitto, mostra i prodromi della stagione estiva. Un centone di due anni fa, inopportunamente proposto all’estenuato pubblico italiano, accerchiato da temi astrusi e dall’arroganza di distributori e critici, che poi lo accusano di disertare le sale. Mentre non andare a vedere il film di Beach è un puro atto di difesa. La vicenda, tortuosa più che mai, ha inizio con il solito morto ammazzato, stavolta nel letto di Nora Timmer (Jolene Blalock), assistente del procuratore distrettuale Ford Cole (Ray Liotta), che guarda caso è anche il suo amante. Il disgraziato ha una notte di tempo per scoprire l’assassino e allontanare da sé l’ombra del sospetto.

Lento come una coda all’ufficio postale, il film rivela la sua pochezza produttiva nel ritmo letargico, nei notturni che fanno risparmiare sul budget e nel dialogo che rimanda alla letteratura noir degli anni Cinquanta, per tacere della cascata di luoghi comuni che sembrano nascondere chissà quali ambizioni. Né manca la dark lady, l’interessante Jolene Blalock, così come i poliziotti corrotti. Chi l’avrebbe detto.

DOPPIA IPOTESI PER UN DELITTO (Usa, 2005) di Wayne Beach, con Ray Liotta, Jolene Blalock. 90 minuti

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