«Rcs è padrona della corsa Ma andar via è un’ingiuria»

Tre anni da corridore professionista, dal 1961 al 1964, prima di quella brutta caduta al giro del Piemonte che lo costrinse a mettere fine alla sua carriera. Nessuna vittoria tra i «pro», ma tanti ottimi piazzamenti, come un secondo posto nella classifica generale del giro del Trentino del 1962 o la terza piazza al giro della Lombardia dello stesso anno. Alcide Cerato, infortunatosi, abbandonò prematuramente la bicicletta, ma non il ciclismo. Tanto che oggi, a più di 40 anni di distanza da quel terribile incidente, è il presidente della Commissione federale del ciclismo professionistico. Nato nel Padovano, Cerato è milanese d’adozione ormai da diverso tempo. Ecco perché il pensiero dello spostamento del traguardo finale del Giro d’Italia da Milano a Verona lo turba non poco. Se non da dirigente, almeno da tifoso.
I milanesi si devono ormai rassegnare a perdere l’arrivo della corsa rosa?
«Mah, così sembrerebbe. A meno che non si trovino all’ultimo momento intorno a un tavolo gli organizzatori e l’amministrazione della città».
Che ne pensa di un Giro senza il finale a Milano?
«Me lo chiede da dirigente della Federazione o da cittadino milanese appassionato delle due ruote?».
Cominciamo dal dirigente...
«Be’, è una scelta autonoma della Rcs e quindi va rispettata. Di fatto Rcs è la padrona del Giro, dunque...».
Ha una posizione sulla polemica con l’amministrazione?
«Non parlerei di polemica, piuttosto di mancato dialogo. Gazzetta dello Sport e Comune non si sono parlati molto ultimamente. Ora con una nuova giunta ci sarebbe la possibilità di cucire i rapporti, ma non so se siamo ancora in tempo per tenerci il rush finale del Giro. Sulla questione, comunque, è difficile esprimersi in modo netto. E poi con la carica che ricopro non posso intervenire in merito».
Magari il Cerato fan della bicicletta vuol dire qualcosa in più...
«Sì, in effetti qualcosa da dire ce l’avrei».
Cioè?
«Per esempio che un Giro che non si concludesse a Milano sarebbe un’ingiuria alla storia del ciclismo. Se dipendesse da me...».
Continui, se dipendesse da lei...
«La corsa partirebbe e finirebbe a Milano».


Non è una convinzione un po’ di parte?
«Forse è il mio cuore milanese a parlare. Non dimentichiamo, però, che il Giro è nato qui e che qui ha un’audience e un appeal non riscontrabili in nessun’altra città d’Italia».

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