Dal re degli yacht alla regina delle navi

Sembrava una scommessa azzardata, un connubio abbastanza innaturale fra uno dei maggiori produttori al mondo di navi da crociera e militari, Fincantieri, e un settore, quello dei megayachts, che ha dinamiche, clienti ed esigenze diverse da quelli classici delle Marine militari e delle multinazionali delle crociere.
Invece, quattro anni dopo, il progetto va avanti. Con la soddisfazione partenopea e l’eloquio alla pummarola di Giovanni Romano, supermanager della divisione megayachts, che sembra un personaggio uscito dai film della commedia all’italiana: sarebbe perfetto come contraltare di Claudio Bisio in Benvenuti al Sud, magari come spalla di Alessandro Siani. Solo, un po’ più colorito.
Circostanza che viene utilissima quando c’è da trattare con un certo tipo di clienti che, nel mondo degli yacht, cercano anche la simpatia. Sembrano sciocchezze o note di colore, ma fa parte del marketing anche questo.
Però, dietro la pummarola dialettica di Romano, c’è pure la mozzarella. Ma non si tratta di bufale. Uscendo dalla metafora, infatti, il numero uno di Fincantieri megayachts festeggia un piccolo miracolo italiano, quello su cui pochissimi avrebbero scommesso anni fa, quando l’amministratore delegato del colosso della cantieristica di Stato Giuseppe Bono, intuendo il momento di crisi mondiale che stava arrivando, giocò d’anticipo, diversificando, e varando il settore degli yacht oltre i settanta metri. Poche settimane fa, il primo varo, su cui Romano scherza: «Non avevamo mai fatto una barca di questo tipo, l’abbiamo costruita, l’abbiamo messa in acqua, abbiamo guardato e abbiamo visto che galleggiava».
La barca autrice del «miracolo» di galleggiare è il «Serene», megayacht da 134 metri messo in acqua nel bacino spezzino del Muggiano tre settimane fa, acquistato da un magnate russo che vive a Londra. Sette ponti, con due piattaforme per elicotteri, un hangar, una grande piscina di acqua di mare con collegamento diretto, una piscina d’acqua dolce e tre idromassaggi. E non manca nemmeno un piccolo sommergibile in grado di esplorare i fondali fino a 100 metri di profondità. Con un equipaggio che potrebbe arrivare a 50 persone.
Insomma, quelli di Fincantieri Megayachts hanno fatto le cose in grande. Ed è un po’ la mission della divisione «che, volutamente - spiega Romano - ha stabilito la sua sede al Muggiano, a diretto contatto con l’acqua e con i cantieri». L’obiettivo è quello di puntare su un segmento di mercato, quello sopra i 70 metri, che non interferisca con gli altri cantieri italiani, ma porti via quote alle imprese del Nord Europa, vendendo proprio il «made in Italy» e l’esperienza di Fincantieri sui grandi spazi.
Obiettivo, per ora, raggiunto: un varo, un altro in arrivo, quattro contratti firmati. Due disdetti, vabbè. Ma questa è la crisi. Le questioni di penali e clausole sono roba da avvocati, più che da marinai.
Ma, anche restando ai prodotti più tradizionali del gruppo, le navi da crociera, Fincantieri riesce a festeggiare una buona notizia. Particolarmente benvenuta in un momento di gravissima crisi mondiale del settore e anche delle polemiche su un piano industriale (che era solo uno studio) che ipotizzava il taglio di alcuni stabilimenti, dolorosissimo, ma davvero a rischio. E così, a Monfalcone è volata la tradizionale bottiglia di champagne per festeggiare la «Queen Elizabeth», la nuova ammiraglia della flotta Cunard Line, il marchio del gruppo Carnival, colosso multinazionale delle crociere, che porta su di sè più di 170 anni di storia e, soprattutto, lo stile britannico da transaltlantico di un’altra epoca.
«Queen Elizabeth», fedele al suo nome, è una vera e propria regina dei mari: 90mila400 tonnellate di stazza per 294 metri di lunghezza, dotata di molte suite, anche di categoria luxury, con 1046 cabine, per un totale di 2500 ospiti al massimo e 1097 membri di equipaggio, con un rapporto di poco meno di uno ogni due viaggiatori.


Ma la consegna della Regina è solo l’ultimo tassello di una strategia sul mercato delle crociere messa in campo dall’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono, con il tocco di aplomb che è nel Dna del presidente Corrado Antonini, che ha portato i cantieri italiani a consegnare dal 1990 ad oggi 56 navi da crociera, di cui 51 per i marchi del gruppo Carnival. E altre nove saranno costruite entro il 2014.
Numeri che hanno pochi riscontri in tutti i cantieri del mondo. Numeri di un’Italia che, per una volta, funziona.

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