In genere gli artisti italiani, per avere successo, sognano di emigrare nei Paesi anglosassoni. Leccezione alla regola la fa Nick The Nightfly, musicista polivalente ma meglio noto al pubblico come il re di «Montecarlo Night», voce dal suadente accento scozzese che 20 anni fa, arrivato fresco da Londra, ha scompaginato le notti radiofoniche italiane trasmettendo musica di qualità da tutto il mondo: modern jazz, world music, new age, nuovi talenti del sudamerica eccetera. Pur essendo un eclettico - è da alcuni anche direttore artistico del club Blue Note - ci tiene a sottolineare la sua matrice di cantante-chitarrista, che negli anni 80 gli ha procurato collaborazioni come turnista con Celentano, Alice, Battiato. Il vizio di suonare spuntava puntualmente fuori anche durante le nottate radiofoniche che hanno ospitato grandi artisti internazionali. Così, tra un disco e un gingle, volavano micro-jamsession con pezzi da novanta del calibro di Pat Metheny, Anita Baker, Sting, Peter Gabriel, Andreas Vollenweider, Ryuichi Sakamoto, Caetano Veloso e via dicendo. Ora, direbbe ai suoi beniamini internazionali, «è a minha vez», «Its my turn», «Tocca a me». E infatti questa sera il funambolico Nick presenta proprio sul palco del Blue Note il suo nuovo disco «The Devil», accompagnato dalla Montecarlo Nights Orchestra. Il progetto contiene 12 brani tra cui cinque scritti da lui.
Sul palco sarà accompagnato da due fuoriclasse del jazz, la cantante inglese Sarah Jane Morris e la tromba di Paolo Fresu. La tentazione della jam session alla fine prevale.
«Sono grandi amici e in fondo ciò è coerente con la mia storia anche radiofonica perchè la musica è soprattutto scambio, comunicazione».
Il nuovo disco contiene la riedizione di classici di soul e jazz, da «Blue Moon» a «Michelle» a «Maniac». Quale filo li lega?
«Sono standard americani a cui il pubblico è intimamente legato ma che ormai nessun musicista considera più. Ecco, ho voluto fare un omaggio a questi grandi brani, naturalmente alla mia maniera...».
Dal disco si evince un gusto musicale decisamente trasversale. Come musicista quali sono stati i suoi maestri?
«Dico subito che sono un autodidatta e quando ho cominciato a suonare i miei idoli erano James Taylor, Cat Stevens e Stevie Wonder. Quando vivevo a Londra ho provato a scrivere pezzi per diversi autori, dai Manhattan Transfert ad Andrea Bocelli, ma son tornati indietro».
Per questo è venuto in Italia?
«No, già in Inghilterra avevo amici italiani e sognavo il vostro Paese come molti stranieri. Prima di venire a Milano ho insegnato qualche mese a Brescia».
Poi è arrivata la radio. Comè andata?
«Ventanni fa mi chiamò il direttore di Radio Montecarlo che passava spesso un mio brano, larrangiamento di I Shot the Sheriff di Bob Marley. Disse che voleva fare un programma di grande musica internazionale e mi parlò di una serie di artisti. Erano proprio quelli che ascoltavo io».
E così nacque «Montecarlo Night». Molte radio italiane le vennero dietro.
«Senza falsa modestia, abbiamo alzato il livello generale, anche perchè allora di notte si trasmettevano solo programmi registrati. Noi invece eravamo in diretta, suonavamo e parlavamo. Dritti al cuore».