Le loro procedure sono abbastanza standard e iniziano con una serie di fotografie e riprese televisive per fissare la scena del crimine. Il materiale viene poi esaminato e discusso nella sede di Parma per poi elaborare le successive strategie. Stabilito il campo d’azione si passa alla ricerca delle tracce, evidenti e latenti: impronte digitali e materiale organico. Servendosi del «luminol», un prodotto chimico spruzzato nelle aree dove anche solo si sospetta possa nascondersi qualche traccia. La sua reazione, studiata al buio più assoluto, consente di individuare del sangue anche dopo che è stato lavato.
Se il luminol non basta si passa al «crimescope cs-16-500» una lampada a lunghezza d’onda variabile in grado di rilevare le impronte biologiche o dattiloscopi latenti. Una volta individuata anche la minima impronta si impiegano fino a 15 diversi tipi di reagenti, in base al tempo trascorso e al materiale sul quale è stata lasciata. In questo modo le tracce individuate sono sempre nell’ordine di centinaia, ma spesso quelle utili sono pochissime.
Altra pausa di riflessione, quindi si passa ad accertamenti tesi a «interpretare» le tracce evidenziate. Per esempio usando i «bloodstain pattern analysis», formule matematiche che consentono di evidenziare le caratteristiche del sangue sulla scena del delitto e differenziare le macchie per contatto, proiezione, a bassa, media e alta velocità, gocciolamento. Dal loro studio è possibile risalire a punto d'origine, causa e posizione di vittima e aggressore.
Parallelamente si lavora in laboratorio per eseguire la campionatura e il confronto del Dna estrapolato da tracce di sangue, saliva, capelli, pelle e ogni altra traccia organica repertata sul luogo del delitto. Come ormai è ben noto a tutti il Dna, o Acido Desossiribonucleico, è diverso per ogni soggetto.
Un lavoro lungo e difficile, perché è collegato a quante persone hanno lasciato le loro tracce sulla scena del crimine, direttamente o indirettamente, magari in periodi anche lontani da quello del delitto. Non solo ma bisogna tener presente anche il «deposito secondario di riporto». In altri termini è sufficiente incontrare per qualche istante una persona e avere con lei un contatto fisico, per trattenere per un certo periodo di tempo qualche sua «impronta»: per esempio un capello o una goccia di sudore. In altri termini, calandoci nella triste realtà di Garlasco, Chiara Poggi, insieme al fidanzato Alberto, la sera prima di essere uccisa era passata in pizzeria per ordinare due «margherite». L’attesa può essere stata sufficiente per trattenere qualche traccia della cameriera che li ha serviti.
Oppure se prima di lasciare il fidanzato, tornato a casa verso mezzanotte, la povera ragazza gli ha fatto una carezza sul viso, può avere raccolto sotto le unghie frammenti microscopici di pelle di Alberto. Delle volte per avere un quadro veramente completo può volerci parecchio tempo. Per il delitto di Erika e Omar a Novi Ligure, fu infatti necessario attendere circa nove mesi. In ogni caso, conclusi gli esami, gli esperti sono in grado di ricostruire alla perfezione la «dinamica delittuosa». Che può essere soggetta anche a ulteriori analisi, da effettuare su una scena del delitto che deve rimanere «non contaminata». Per questo infatti un sequestro di un’abitazione o di una automobile può prolungarsi per molto tempo. «Purtroppo non è come al cinema dove tutto viene fatto in poche ore - commenta un ufficiale del Ris - il nostro è un lavoro che prevede tempo, tanto tempo. E pazienza certosina».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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