Le reazioni Il Quirinale e Palazzo Chigi sulla linea Obama

RomaPassa esattamente un quarto d’ora dalla notizia della morte del militare italiano in Afghanistan alla decisa presa di posizione del Pdci. Che in tempi record invia alle agenzie di stampa un comunicato in cui punta il dito contro «la carneficina» afghana e chiede «l’immediato ritiro delle truppe italiane». Quasi un déjà vu, perché con la mente si ritorna alle polemiche furiose che negli ultimi anni hanno accompagnato tutte le tragedie dei nostri militari impegnati all’estero. Invece, qualcosa è cambiato. Perché la sinistra radicale non ha più la grancassa della rappresentanza parlamentare, certo. Ma anche perché Napolitano decide di tracciare con forza la strada che a fine giornata porterà maggioranza ed opposizione a ritrovarsi di fatto dalla stessa parte. Una linea concordata con Palazzo Chigi.
Il primo a intervenire sulla vicenda è Berlusconi, che esprime il «cordoglio personale e quello del governo» ma sottolinea al tempo stesso la «necessità e l’importanza della missione di pace in Afghanistan per la stabilità di un’area strategica». Il premier, insomma, sa bene che la tentazione che qualcuno voglia utilizzare la morte del caporalmaggiore Di Lisio per riaprire la querelle sulle missioni militari all’estero è un rischio concreto. E l’Italia in Afghanistan è impegnata in prima linea, soprattutto dopo che Roma ha dato il via libera all’invio di altri 400 militari per vigilare sulle elezioni che si terranno il 20 agosto. Non è un caso, dunque, che nemmeno un’ora dopo al Cavaliere tocchi al Quirinale seguire la stessa linea. Napolitano si dice «addolorato per la perdita» e si dice certo che nell’opinione pubblica «ci sia una larga comprensione e condivisione della necessità di portare avanti l’impegno in Afghanistan insieme alla comunità internazionale».
Una presa di posizione netta quella del capo dello Stato, seguito a stretto giro da Fini e Schifani. Che contribuisce a smussare le puntualizzazioni che spesso seguono il cordoglio rito. A fine giornata, infatti, saranno davvero pochi i distinguo di chi punta il dito contro «i mezzi dell’esercito poco adeguati» e la «mancanza di sicurezza per i nostri militari». Mentre saranno pochissimi - e sempre i soliti - quelli che invocano il «ritiro delle truppe» e accusano la politica delle «lacrime di coccodrillo»: Prc, Pdci e Verdi.
D’altra parte, è anche sul nostro ruolo in Afghanistan che l’Italia gioca la sua credibilità internazionale. Lo sa bene il Cavaliere, che quando a metà giugno incontrò Obama alla Casa Bianca ne parlò a lungo con il presidente americano. Tanto che appena formalizzato l’invio di altri 400 uomini Obama non perse l’occasione per sottolineare il «contributo cruciale» dell’Italia nella stabilizzare dell’Afghanistan. Ma ne è consapevole anche Napolitano, che anche di questo ha parlato durante il suo faccia a faccia con il presidente americano della scorsa settimana ricevendo lodi e ringraziamenti per l’impegno italiano.
Il teatro di Kabul, dunque, resta strategico.

Anche perché - lo diceva ieri il premier al telefono con il ministro La Russa - «l’impegno dei Paesi del G8 in questo senso è convinto e concorde». E del G8 l’Italia ha la presidenza, altra ragione per cui non solo Berlusconi ma anche Napolitano hanno voluto essere chiari da subito.

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