Roma - Difficile una bocciatura in toto della legge sul legittimo impedimento, difficile una promozione completa. La Corte costituzionale, secondo i rumors più insistenti, si orienterebbe verso un verdetto di mezzo, con un’interpretazione più restrittiva dello scudo processuale per il premier.
Stamattina, a Palazzo della Consulta, si terrà l’udienza pubblica sulla legge-ponte che fino ad ottobre consente a Berlusconi di non doversi difendere in aula nei processi Mills, Mediaset e Mediatrade. Il verdetto, però, arriverà giovedì.
I quindici giudici costituzionali saranno al completo oggi nella settecentesca Sala gialla. Compresa Maria Rita Saulle, che ha voluto esserci malgrado i suoi problemi di salute. Per non sottoporla ad una giornata troppo stressante il presidente Ugo de Siervo ha rinviato al 13 gennaio la camera di consiglio. D’altronde, in un’Alta Corte che sembra in bilico sulla decisione da prendere, un voto potrebbe essere determinante. E in caso di parità sarebbe quello di De Siervo, che vale doppio.
Stamattina, tra ferree norme di sicurezza, il relatore Sabino Cassese sintetizzerà i motivi dei tre ricorsi dei magistrati di Milano, che saranno contrastati dai legali di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo e dagli avvocati dello Stato Michele Dipace e Maurizio Borgo.
Quanto alla sentenza, la prima ipotesi e la più improbabile è il rigetto dei ricorsi per inammissibilità, senza entrare nel merito. La seconda, anch’essa difficile, è il rigetto per infondatezza dei ricorsi, dichiarando la legittimità dello scudo. Terza ipotesi: dichiarazione di illegittimità della legge, accogliendo i ricorsi che contestano la violazione dell’articolo 138 della Carta e, in un caso, dell’articolo 3 sull’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. La Corte stabilirebbe la necessità di una legge costituzionale, dicendo che il legittimo impedimento non è una semplice integrazione dell’istituto processuale già esistente, ma una prerogativa collegata alle funzioni. Sulle ultime due ipotesi, per i bookmarkers politici, c’è da scommettere. Una è la dichiarazione di illegittimità parziale: non svuoterebbe la legge, ma ne farebbe cadere alcuni punti. E tutto dipenderà da quali saranno. A rischio sarebbe l’estensione automatica dell’impedimento alle attività non strettamente governative (indicate in modo preciso dalle norme), ma «preparatorie o conseguenti» o « coessenziali» alle funzioni del premier. Per ovviare a questa genericità, si potrebbe pretendere nell’autocertificazione di Palazzo Chigi la massima precisione e, solo su questi impegni, la discrezionalità del giudice. Sarebbe, per il Pdl, un danno accettabile.
Rebus consulta: tre verdetti possibili
Oggi l’esame sui ricorsi di inammissibilità dei pm milanesi e sulla difesa dei legali del premier. Probabile una soluzione "di mezzo": legge in piedi, ma scudo limitato per il presidente del Consiglio
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