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Il record della Isinbayeva: perde tutto in una sera

Il record della Isinbayeva: perde tutto in una sera

C’è modo e modo di fare record. Ora Yelena Isinbayeva li conosce tutti. La Zarina è caduta. E, come si conviene alla nobiltà regale, con tanto di fragore. Gli occhi languidi e immalinconiti ieri sera hanno messo a nudo l’anima, mani nere di pece a coprire la faccia. Meglio non guardare la realtà, almeno per qualche attimo. Tre salti e addio al mondiale, proprio ora che il mondo rosa dell’atletica aveva affidato a lei la parte della regina da contrapporre alla meravigliosa strafottenza di Bolt.
Bella anche nella sconfitta, perduta e solitaria in ginocchio su quei sacconi che sono il suo regno, ma stavolta non le hanno attenuato la caduta. Isi ha sbagliato tre salti nello stesso modo, un po’ lenta nella ricorsa, piccoli errori tecnici che altre volte aveva rimediato. È caduta su una misura (4,80) che due anni fa le aveva regalato il successo ad Osaka, ma anche agli europei di Goteborg e ai mondiali indoor di Mosca. Stavolta la Isinbayeva è entrata in gara a m.4,75, dopo aver dormito un po’ sotto quella coperta che sembra la tenda dei boy scout. Quanti anni d’attesa ci ha passato: le altre saltano e lei attende il momento, la misura che la impegni un po’. Ieri un po’ troppo. Salto goffo ai 4,75 ed allora subito passaggio ai 4,80 per ristabilire la gerarchia davanti al duo polacco (Rogowska-Pyrek) che fino allora aveva gestito la gara. In tribuna Valery Petrov a ritoccarle il copione, ad indicarle la strada. Niente: un muro. Prima la pancia, poi la gamba a sfiorare l’asticella. L’intenso parlottare con l’asta dei miracoli non è servito, come fosse sorda. Da troppo tempo Isi non si trovava in una situazione così difficile.
«Questo è lo sport, bisogna accettare, ma non me l’aspettavo proprio». Sconsolata e realista nel commento finale, ha perso tutto in una sera: niente oro, niente podio, nemmeno classificata per aver sbagliato i tre salti d’entrata. Come se in questa finale la Isimbayeva non sia esistita. Incredula e annientata dalla gioia la Rogowska, eterna piazzata, nata sui 100 ostacoli che non è mai andata oltre i 4 metri e 80 (ieri 4,75).
Berlino ha tradito la regina, ma la gara farà ugualmente storia. Dal 2004 (Giochi di Atene) la campionessa russa non mancava la vittoria in una grande manifestazione, si arena la striscia di 9 ori di fila (mondiali e olimpici). Quest’anno si era avvertito qualche scricchiolio nella forma. Destino dei grandi campioni, c’è sempre una toppata: Sergey Bubka mancò il raddoppio olimpico a Barcellona ’92 dopo aver vinto a Seul ’88. Isi quest’anno ha pensato a sponsor e feste. Qualcosa è rimasto indietro.
Bisogna aver fame, quella delle giamaicane, per esempio. Non c’è solo Bolt ci hanno fatto sapere. Successo di Shelly Ann Fraser, classe 1986, una del clan Powell: doveva restare a casa per aver snobbato il ritiro di Norimberga. L’anno passato oro olimpico, stavolta d’oro davanti alla Stewart grazie ad una partenza fulminante. Tempo (10”73) da lasciare alla storia, il terzo di sempre (con la francese Arron) dietro al mondiale di Florence Griffith (10”49) e al 10”65 di Marion Jones. Se pensiamo ai dubbi che hanno avvolto le prime due...


Nel giorno della donna hanno fatto colpo le doppiette: quella polacca nell’asta, quella giamaicana nei 100 metri e quella cubana nel triplo: Yargeris Savigne-Mabel Gay, un cognome, una garanzia per l’argento.
RiSi

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