Referendum, Carroccio al lavoro E Bossi: cautela con i centristi

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Adalberto Signore

da Roma

.L’elezione di Giorgio Napolitano a undicesimo presidente della Repubblica, Umberto Bossi l’ha seguita dalla sua casa di Gemonio, pochi passi da Varese. Senza troppa ansia, perché il Senatùr dà il risultato quasi per scontato, né apprensione, perché i mal di pancia dell’Udc sembrano non preoccuparlo troppo. O almeno, questa è la linea che il leader della Lega detta ai suoi colonnelli nelle ore che precedono e seguono il voto sul Quirinale. Insomma, nessuno strappo con Casini e niente polemiche su Follini e Tabacci, perché in questo momento - è il ragionamento di Bossi - dobbiamo «fare quadrato intorno a Silvio». L’impressione del Senatùr, infatti, è che Berlusconi non sia del tutto lucido e abbia quindi più che mai bisogno del sostegno del Carroccio. Almeno fino al referendum, che «sarà la nostra occasione per prenderci una rivincita». O, come la definisce Roberto Maroni, «la vera prova del fuoco per l’intero centrodestra».
Il messaggio che Bossi manda ai suoi e all’esterno, dunque, è piuttosto chiaro: basso profilo con l’Udc (l’alleato certamente più recalcitrante sul referendum), al punto d’ingoiare pure il rospo del voto per Giulio Andreotti alla presidenza del Senato e tacere sulle continue «discontinuità» di alcuni esponenti centristi (ancora mercoledì sera, dagli studi di Primo piano Follini ribadiva il suo «no» alle riforme). Poi, la sera del 25 giugno, a urne chiuse e schede scrutinate, si faranno finalmente i conti. Con diverse alternative, a seconda che vincano i «sì» o i «no», ma pure che la riforma federale passi in blocco al Nord e sia bocciata solo al Sud. Riflessione che Maroni spiega in modo eloquente: «Se non ci sarà l’impegno» di tutta la Casa delle libertà «ogni scenario è possibile». E quindi, spiega il capogruppo della Lega alla Camera, «ora è necessario che la coalizione sia unita e garantisca il suo impegno in vista del referendum».
Così, il Carroccio si prepara alla grande sfida del 25 giugno. Primo passo la costituzione di tre comitati referendari della Lega: il primo coordinato da Roberto Cota e Enrico Montani (per Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Toscana, Umbria e Marche), il secondo da Giacomo Stucchi e Daniele Molgora (per la Lombardia) e il terzo da Stefano Stefani e Luciano Dussin (per Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna). Secondo passo, invece, la creazione di un Comitato per la libertà, coordinato dal vicepresidente del Senato Roberto Calderoli e composto dai rappresentanti di tutti i partiti della coalizione del centrodestra: Giulio Tremonti e Aldo Brancher per Forza Italia, Domenico Nania e Maurizio Gasparri per An, Giuseppe Naro per l’Udc. La prima riunione, spiega Calderoli ai microfoni di Radio Padania, «sarà la prossima settimana», quando inizieremo a organizzare la campagna referendaria «su tutto il territorio nazionale». E il Comitato «Salviamo la Costituzione» presieduto da Oscar Luigi Scalfaro? «Più farà propaganda per il “no” - taglia corto l’ex ministro - più persone voteranno “s씻. Ma la Lega non si ferma qui. Da Berlusconi, infatti, Bossi ha avuto garanzie di un forte impegno di Forza Italia. «Silvio mi ha promesso che sarà pancia a terra», spiega il Senatùr ai suoi. Non solo dal punto di vista politico, ma anche sotto il profilo della comunicazione. Sono allo studio, infatti, non solo i manifesti ma anche una campagna ad hoc sulle reti Mediaset (ma si stanno ancora valutando gli eventuali limiti imposti dalla par condicio). Ultimo atto della rincorsa referendaria è la decisione presa venerdì scorso di rinviare la riunione sul prato di Pontida, inizialmente prevista per il 18 giugno (il 28 maggio e l’11 giugno si vota per le amministrative). È chiaro, infatti, che a sette giorni dal referendum il Carroccio non può permettersi di concentrare la sua macchina organizzativa sulla kermesse bergamasca, almeno di un implicita resa sulla consultazione referendaria. Per la quale, invece, la Lega pare volersi spendere con tutte le sue forze, al punto che sono 1.600 i gazebo che dovrebbero invadere tutto il Nord Italia.
La partita, infatti, si riflette nei vertici di Gemonio, «non è affatto chiusa». Per due motivi.

Intanto, «Berlusconi ha interesse a cavalcare il referendum per far breccia in quella fascia produttiva spaventata dall’occupazione della sinistra, gli stessi a cui si rivolge quando parla di sciopero fiscale». E poi, «visto l’alto astensionismo che c’è nel Mezzogiorno e il fatto che non è previsto alcun quorum», è possibilissimo che «il vento del Nord sia sufficiente a portare a casa la vittoria».

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