Referendum, il governo rischia: i "piccoli" dell’Unione in rivolta

Mastella: "Vogliono ghigliottinarci. Se avessi saputo che i ministri avrebbero firmato, non mi sarei alleato". Sulle barricate anche Verdi e Comunisti Italiani: "È un vero imbroglio"

Referendum, il governo rischia: i "piccoli" dell’Unione in rivolta

Roma - Nelle intenzioni dovrebbe rappresentare «il pungolo» con cui stimolare la nascita di una nuova legge elettorale. Nei fatti è lo spettro che continua ad agitare i sonni e le veglie della maggioranza, accendendo di continuo nuovi malumori e rischiando di mettere in crisi il governo Prodi. Non è un mistero, infatti, che la consultazione referendaria per la modifica della legge elettorale sia vista come il fumo negli occhi da parte dell’Udeur, ma anche dagli altri piccoli partiti del centrosinistra. E che la tensione, di giorno in giorno, non accenni affatto a stemperarsi.
L’ultimo affondo, rabbioso più del solito, è firmato Clemente Mastella. «Mi sono proprio rotto le scatole che il mio partito sia buono per far vincere le elezioni e poi non lo sia più». È questo l’inizio di un vero e proprio aut-aut che il Guardasigilli, parlando a Radio anch’io, spedisce al governo e all’Unione, chiedendo di disinnescare al più presto la mina referendaria. «Certo è che se avessi saputo che Parisi e Santagata, ministri come me, avrebbero determinato un referendum contro di me - denuncia - ci avrei pensato meglio ad allearmi con loro». E questo perché, sottolinea ancora una volta Mastella, i referendari puntano a realizzare in Italia «una legge elettorale ghigliottina» ovvero, «una legge-Erode per eliminare i partiti più piccoli» prendendosela con loro per «vigliaccheria e ipocrisia» perché i piccoli partiti «non hanno causato alcuna crisi di governo o instabilità. Semmai la crisi è dei grandi partiti». Sono loro infatti «a sentire l’esigenza di fondersi in realtà diverse», come succede per il Partito democratico.
Quanto alla proposta di riforma elettorale sostenuta dall’Udeur, il Guardasigilli insiste per un sistema mutuato dal Tatarellum in vigore nelle Regioni. «Il sistema migliore che funziona in Italia - dice Mastella - è l’ipotesi di presidenzialismo come esiste a livello regionale, da applicare sia alla Camera sia al Senato: ha dato buona prova di sé, è confortante e ha assicurato al contempo governabilità e rappresentatività, senza eliminazione dei partiti più piccoli».
I malumori di Mastella non sono certo isolati. Enrico Boselli, ad esempio, fa notare che «in tutta questa storia a rimetterci, come è assolutamente evidente, può essere prima di tutti il governo Prodi. Nel frattempo il referendum, che più che essere una sollecitazione è di fatto un vero e proprio strumento per modificare la legge elettorale, avanza. Noi siamo contrari perché lo riteniamo dannoso nei suoi esiti. Dovrebbe però essere chiaro che quando ci si appella alla volontà popolare, poi bisogna rispettarla e se si avesse l’intenzione di non rispettarla, sarebbe un vero e proprio imbroglio».
L’altro partito pronto a salire sulle barricate, oltre l’Udeur, è quello dei Verdi che parla del referendum come di un «imbroglio all’insegna dell’antipolitica». «Non capisco perché io e alcuni ministri siamo stati criticati per essere andati alla manifestazione sui Dico, che era un provvedimento del governo» fa notare Alfonso Pecoraro Scanio. «Adesso, invece, si considera normale che alcuni ministri firmino con Fini il referendum, una cosa che tutta l’Unione ha condannato. Io credo che il governo rischi non perché c’è Mastella, ma perché non c’è solidarietà dentro un sistema così organizzato...».
A rincarare la dose ci pensa anche Manuela Palermi, presidente dei senatori Verdi-Pdci. «Il referendum elettorale non risolve nessun problema, ma ne aggrava e in modo antidemocratico altri. È un vero imbroglio all’insegna dell’antipolitica, promosso da persone che da decenni vivono proprio nelle stanze della politica e dei partiti senza aver mai prodotto, per quanto se ne sappia, nulla di rilevante».

«L’aspetto più grave del referendum - continua la Palermi - è che centra l’attenzione su questioni di ingegneria istituzionale, relegando in un angolo i problemi veri. Cioè il superamento del precariato e i salari e le pensioni troppo basse. Insomma un vero imbroglio».

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