Gianni Pennacchi
da Roma
Iscrivetela pure sotto il titolo del «quando il cuore prevale sulla ragione» - un faldone nobile, però raro e magro negli scaffali della politica - ma ad urne già aperte ormai non si placano le polemiche in An, anzi le parole si fanno sempre più pesanti, prendono anzitempo a «volar gli stracci» come suol dirsi. Già stasera probabilmente, col dato di affluenza delle 22, si saprà se era vincente la scommessa di Gianfranco Fini o se hanno ragione i più del suo partito arroccati sull’astensione. Al più tardi domani con certezza, comunque questione di ore, e ragioni di opportunità politica consiglierebbero una pausa di attesa silenziosa, quanto meno il risparmio di colpi che potrebbero rivelarsi sbagliati a inchiostro ancora fresco. Ma non è la prima volta che a destra i sentimenti prevalgono sui calcoli, la classe dirigente ancor più della base si lascia andare senza curarsi delle tattiche politiche. E se ciò comporta un prezzo, è però anche segno di genuina vitalità.
Ciò doverosamente premesso, muoviamo dai colpi più bassi, che i capicorrente affidano ovviamente ai gregari di rango. Per Destra sociale, la componente di Gianni Alemanno e Francesco Storace, muove all’attacco diretto il senatore Michele Bonatesta che a suo modo svela il succo del dibattito apertosi con lo «strappo» del presidente del partito sul referendum, accusando quelli di Destra protagonista: «In An è partita la corsa alle poltrone nel dopo Fini: La Russa e Gasparri pensano a piazzarsi». Bonatesta spiega che se alle prime battute il problema poteva apparire «quello dell’identità di An e dei suoi valori fondanti» sgorgati a Fiuggi, «ora viene fuori l’altra mezza verità, e cioè che il problema non è dove il leader vuole portare An e in quali tempi, ma chi potrebbe prendere la leadership del partito nel caso in cui Fini, in piena autonomia, decidesse di abbandonarlo». Questo della fuga di Fini è un tormentone, ma il problema si pone ugualmente anche nel caso sperato più positivamente da Giuseppe Consolo che «se Berlusconi potrà legittimamente aspirare al Quirinale, «il candidato premier non potrà che essere Gianfranco». In ogni caso, Bonatesta alza il fuoco di sbarramento: «Secondo il duo La Russa-Gasparri», prioritario è che «mai e poi mai la leadership possa andare a un uomo dell’ex Destra sociale», cioè Alemanno, e dunque «dietro le mezze verità legate al dopo referendum e al dopo Fiuggi» si nasconde «la corsa alle poltrone di alcuni personaggi».
Ne volete un’altra, sempre da Destra sociale, e ancor più veemente? Ecco l’eurodeputato Umberto Pirilli a sottolineare la «vera ragione» di questo dibattito, che «pone in evidenza» l’errore commesso da Fini in qualità di leader del partito: «Quello di avere lui stesso costruito in provetta, consentendone la crescita oltre ogni ragionevole misura, tanti minileader sia autoctoni che oloctoni ai quali io non avrei affidato neppure l’amministrazione di un condominio».
Par di capire che sia esplosa una nuova guerra tra le due correnti principali, ma con 24 ore di anticipo. E che il «duo» Alemanno-Storace s’appresti alla «leale» difesa di Fini contro le «mene» di La Russa-Gasparri (con la terza coppia Urso-Matteoli come sempre in mezzo, o meglio alla finestra). Tant’è che Alemanno, dopo esser rimbalzato ancora ieri sui giornali sparando come «non si può pensare a una leadership del centrodestra in rottura col mondo cattolico. È impossibile», ora si fa prudente, ammette che in An «la crisi c’è, è evidente» e si spera di risolverla al più presto; però è altrettanto evidente che «per risolvere i problemi all’interno del partito bisognerà attendere i risultati referendari. Solo dopo la consultazione si potrà dar vita al confronto interno».
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