Regionali, bagarre sulle elezioni

Alla fine si è dimesso. Piero Marrazzo ha lasciato la presidenza della Regione ponendo fine alla farsa dell’autosospensione. «Basta, voglio chiudere, non avere più nessun contatto con la vita politica», ha detto l’ex governatore. Oggi verrà sciolto il consiglio regionale, con il presidente dell’assemblea, Bruno Astorre, che, dopo una seduta nella quale il vicepresidente della Pisana Esterino Montino riferirà della situazione, farà decreto di presa d’atto delle dimissioni della giunta e di conseguenza scioglierà l’assemblea. La giunta resterà in carica solo per l’ordinaria amministrazione.
Ora la domanda che assilla tutti è: quando si andrà alle urne? «Con la normativa attuale - spiega Astorre - si vota l’8 e 9 marzo». Quindi tre settimane prima rispetto all’«election day». Con un dispendio economico notevole che lo stesso Astorre calcola in decine di milioni di euro. Motivo per cui lo stesso Astorre auspica che «venerdì il governo in un decreto legge con cui indirà l’election day faccia una norma transitoria per il Lazio». Soluzione questa che secondo Donato Robilotta, consigliere regionale del Pdl, non sta né in cielo né in terra. «La richiesta fatta al governo dal presidente del consiglio regionale, Bruno Astorre, è il segnale dell’assoluta confusione che regna in Consiglio. La competenza, infatti, come già stabilito dalla Corte Costituzionale, non è dello Stato ma bensì della Regione. Se la norma non è chiara deve essere il Consiglio regionale a chiarire questo aspetto, non il governo».
Il centrodestra del resto vuole bruciare i tempi. «I comizi elettorali possono essere convocati in poche ore (e si voterebbe dopo 45 giorni) o tra 90 giorni (e si voterebbe dopo 135). Chiediamo alla sinistra un’assunzione di responsabilità affinché la Regione venga dotata al più presto di un nuovo governo e di un nuovo presidente», dice il deputato Fabio Rampelli. Della stessa idea Dario Rossin, capogruppo del Pdl in consiglio comunale: «Non si può lasciare in un tenore di vacatio un ente così importante nel culmine dell’attività amministrativa, e con temi di rilievo sociale come quello relativo alla sanità laziale che investono i cittadini di un’intera regione». Non ha dubbi invece Francesco Storace, segretario nazionale della Destra: «Attenzione a non commettere errori sulla data del voto. Il limite del 7 e 8 marzo è quello massimo previsto dalle norme vigenti in Regione che, come è noto, ha competenza esclusiva sul tema elettorale». Ma Montino è fiducioso che si troverà un accordo: «Tecnicamente si può arrivare al 28 marzo e mi sembra una soluzione ragionevole per unificare tutte le scadenze elettorali.

Non ci sono impedimenti tecnico legislativi a questo, previo un accordo politico istituzioale». Su una cosa Montino giura: «Non faremo nessuno strappo di carattere istituzionale per una decisione così importante». Meno male.

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