Il sogno di Sandro Bondi è giocare da battitore libero, come certi rifinitori del calcio perduto che si muovono tra le linee, senza un ruolo fisso, ma messi lì in campo a suggerire, ispirare, regalare al centravanti l’ultimo passaggio. È una vocazione romantica. Al momento, però, gli tocca fare i conti con le sue responsabilità, con quella poltrona da ministro della Cultura e la carica di coordinatore del Pdl. Non sempre è facile. Questi sono giorni faticosi nel partito. Si racconta di tutto. Un’anima di là, l’altra di qua. Spinte, tagli e blocchi nel sottobosco del potere, e poi nervosismi, delusioni, un Berlusconi stanco di questi colpi bassi, di chi lavora solo per il suo orticello.
Il Pdl sembra un condominio un po’ troppo litigioso.
«È una valutazione ingenerosa. Il Pdl non viene dal nulla, ma da una fusione che nasce dalla volontà popolare. Amalgamare storie, identità, classi dirigenti diverse non è facile. Tutti coloro che masticano un po’ di storia politica sanno che i processi di unificazione dei partiti sono complessi. Ci vuole una tessitura paziente e tanta, tanta sapienza politica».
Si fida di Fini?
«Certo che mi fido».
Va tutto bene allora?
«Rispondere sì sarebbe una bugia. I problemi ci sono, ma non per colpa di Fini. La responsabilità è di alcuni intellettuali che sono andati oltre la volontà politica del presidente della Camera».
Farefuturo?
«Farefuturo. Fini con la fondazione intendeva aprire un confronto politico all’interno del nuovo partito, ma con uno spirito costruttivo, non certo con una furia polemica incapace di individuare i risultati positivi del lavoro svolto in questi anni».
Ha pranzato con Fini. C’erano anche Verdini e La Russa. Avete parlato di queste cose?
«No, non era l’occasione adatta. Con Denis e Ignazio abbiamo presentato le candidature per le Regionali».
E qui altre polemiche.
«Nessuna polemica. Il presidente Fini ha lodato il lavoro dei coordinatori».
Fini condivide tutte le scelte? Non ha espresso dubbi su alcun candidato? Ha detto sì a tutti i nomi?
«Non è entrato nei dettagli, naturalmente, ma ha espresso una valutazione generale di carattere politico».
I giornali continuano a scrivere che Verdini e Bondi si fanno la guerra. Sono troppi tre coordinatori?
«È del tutto inventato. Siamo conterranei e veniamo da una lunga amicizia che non può venire meno. Ha ragione Berlusconi quando ricorda che Denis, in particolare, ha posto le basi di un lavoro storico nel partito».
Berlusconi sta costruendo un partito parallelo?
«Fantapolitica. Quale sarebbe questo partito?».
I Promotori della Libertà della Brambilla.
«Non è un partito parallelo. I club, i circoli, il movimentismo, fanno parte della nostra tradizione politica. Berlusconi ha sempre voluto coinvolgere i cittadini nella cosa pubblica. La forza della sua leadership, e di conseguenza del Pdl, nasce dal rapporto diretto con il popolo».
Ora c’è anche il Movimento per l’Italia di Daniela Santanchè. Superati i dubbi di An?
«Sì, il movimento di Daniela Santanchè ha aderito al Pdl, condividendone il programma e i principi».
La Santanchè diventerà sottosegretario?
«Credo di sì perché c’è ormai una comune condivisione su questa scelta».
Quale sottosegretariato?
«Questo ancora non è stato definito».
Dopo le elezioni regionali ci sarà un solo coordinatore nel partito. Tutti dicono che sarà lei.
«No, e non ci può essere perché lo statuto ne prevede tre. E poi perché le cose vanno bene così. Anche di La Russa apprezzo la sua non comune sagacia politica. Io porto in dote la sensibilità, più votata alla riflessione politica e culturale. Spero che nel futuro avrò più tempo per lavorarci».
Cosa intende?
«Mi piacerebbe tornare a svolgere il mio primo impegno: l’assistente del presidente. Fare ciò per cui credo di essere apprezzato da tutti: accompagnare con la mia riflessione e i miei scritti la crescita del Pdl».
Vuole fare l’intellettuale?
«A
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