La Regione: «I professionisti del ricorso bloccano le opere»

C’è un malcostume consolidato che rallenta la costruzione delle grandi opere: l’abitudine, un po’ troppo radicata, di fare ricorso al Tar quando non si vince l’appalto. Le imprese che arrivano seconde nelle gare cercano cavilli e pretesti di ogni tipo pur di rimettersi in gioco. Quasi mai vincono. E l’unico risultato certo è che rallentano di parecchi mesi l’avvio dei cantieri: è successo per la Brebemi, con i ricorsi dei comitati, per la statale 394 (tra l’Alto Varesotto e il Canton Ticino) ribattezzata «la grande incompiuta». È successo per la metropolitana 4, in ritardo di almeno sei mesi a causa del ricorso della cordata di imprese sconfitta nella gara. L’elenco è lungo: basta pensare alla Darsena, per cui è in corso da anni una feroce battaglia legale, oppure al ponte per Expo in cui l’impresa esclusa dai lavori si è appellata al Tar chiedendo ulteriori verifiche prima dell’apertura delle buste. Insomma, è una giungla burocratica quella che si consuma prima dell’avvio di un cantiere. L’aveva denunciato il sindaco Giuliano Pisapia. Ed ora lo denuncia l’assessore regionale alle Infrastrutture Raffaele Cattaneo: «Ci sono imprese che sembrano costituite più da avvocati che da ingegneri - denuncia - e c’è un malcostume etico diffuso che fa aumentare i costi della giustizia e blocca la costruzione di opere pubbliche e strade». L’assessore rileva che molto spesso i ricorsi non servono per rifare la gara ma per fare pressioni sul vincitore e ottenere subappalti e trovare accordi col primo in classifica. «Partecipare alle gare costa molto - spiega Cattaneo - e quindi un’impresa che investe in un progetto cerca in tutti i modi di tornare in gioco, spesso appellandosi a cavilli atipici e infondati. Si svolge tutto nella legalità ma c’è qualcosa che non funziona: è necessario rivedere il sistema per non bloccare il paese». E lo sa bene l’assessore che ha dovuto lottare con Tar, Consiglio di Stato e staff di avvocati pur di sbloccare le pratiche per realizzare la Brebemi. Ora l’autostrada è arrivata a metà del percorso, i cantieri procedono spediti, ma il calvario legale non è roba che si dimentica. Le istituzioni sempre più spesso scelgono di non indire gare al ribasso, troppo rischiose: le imprese, pur di vincere, fanno offerte economiche talmente basse che poi non riescono a rientrare nei costi. «Preferiamo sempre più spesso - puntualizza Cattaneo - gare in cui venga valutata l’offerta anche da un punto di vista qualitativo e non solo quantitativo». Ne è un esempio Pedemontana: la commissione incaricata dal ministero per le Infrastrutture ha affidato l’appalto per la progettazione esecutiva alla cordata guidata dalla capogruppo Strabag spa. La società ha battuto Impregilo, che si è piazzata al secondo posto, pur avendo presentato un’offerta economica leggermente meno conveniente e tempi di realizzazione del progetto un po’ più lunghi. La commissione tuttavia ha tenuto conto della qualità tecnica della proposta.

E si spera che tutto fili liscio senza nessun ricorso. Per ogni gara c’è questo rischio e la denuncia è la stessa da parte di chi governa, a prescindere dalla bandiera politica: «Con i continui ricorsi non si riesce a governare».

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