La Regione non paga, ospedali senza forniture

Antonella Aldrighetti

La cartolarizzazione dei crediti sanitari ideata dalla giunta ulivista di Piero Marrazzo è miseramente fallita. La riprova del flop è sotto gli occhi di chi avrebbe dovuto usufruire dell’operazione finanziaria e vedere onorate finalmente le proprio fatture. Invece nulla di fatto. Ma il rischio più grosso che si profila all’orizzonte è che tra breve le ripercussioni del flop potrebbero investire tutta l’offerta sanitaria pubblica diretta ai cittadini.
Il risultato? Un’assistenza sempre più scarna e superata e il perché è presto detto. A oggi i fornitori di beni e servizi sanitari vantano, almeno quelli associati all’Asfo Confcommercio - pari alla quasi totalità delle aziende laziali - un ammontare di crediti insoluti per 400 milioni di euro, maturati sia nel 2005 sia nell’anno in corso. Non ci vuole un economista di grido per dedurre che quando le casse di un’azienda sono al verde si comincia con le strette agli investimenti, agli stipendi del personale per finire con chiudere i battenti. È questo il rischio che stanno correndo i fornitori sanitari che stanno chiedendo all’amministrazione regionale di ottemperare ai pagamenti pregressi, ma anche di riuscire in tempi brevi a individuare nuove forme di pagamento. Però dinanzi a queste richieste la giunta Marrazzo si trincera dietro un muro di silenzio. Vale a dire che l’operazione di cartolarizzazione fallita e, peraltro bocciata anche da Eurostat già una quindicina di giorni fa, non ha trovato una soluzione strutturata che garantisca la possibilità di effettuare altre operazioni di finanza straordinaria.
E allora che rimane da fare? «Se la Regione non riuscirà a ottemperare ai saldi che rivendichiamo entro il 20 novembre saremo costretti a rispondere alle richieste di forniture sanitarie solo con le scorte di magazzino dopodiché non potremmo più acquistare, a nostra volta, il necessario per continuare a lavorare - spiega Vittorio Della Valle, presidente Aslo Lazio -. È solo questione di tempo, senza credito riusciamo a tirare avanti non oltre la fine di novembre, dopodiché non potremo più assicurare alcuna fornitura. Già adesso nella situazione economica in cui ci troviamo ci sono novemila addetti a rischio disoccupazione. Chissà cosa potrebbe succedere nel prosieguo». L’effetto boomerang sull’offerta assistenziale sembra davvero essere dietro l’angolo, anche perché da quanto viene fuori da un’indagine tutta interna all’Asfo emerge che ospedali e Asl hanno cambiato strategia nella richiesta di forniture sanitarie.
Ecco le novità. «Abbiamo rilevato negli ultimi nove mesi una riduzione drastica, da parte delle Asl, dell’acquisto di beni. Vale a dire che - osserva Aldo Segante, vicepresidente Asfo - avranno dato fondo a tutte le riserve di magazzino, ma queste operazioni sappiamo bene che possono essere disastrose per le prestazioni sanitarie da offrire ai cittadini. È lampante che questa politica al risparmio è solo frutto di una programmazione sommaria e superficiale». E per il futuro? La programmazione che fa l’Asfo è tutt’altro che rosea, visto che da gennaio 2007 entreranno in vigore i vincoli di Basilea II per l’accesso al credito bancario delle imprese private.

Nulla togliere poi alla Finanziaria Prodi, che vorrebbe dare vita a una centrale unica d’acquisto per coprire il 50 per cento del fabbisogno di beni sanitari. Altro che liberalizzazioni, si profila invece l’era dello statalismo delle forniture.

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