La Regione taglia le prestazioni in convenzione

Non solo ticket. Le politiche vessatorie messe in campo dalla giunta Marrazzo per razionalizzare la sanità laziale non si limitano ai provvedimenti già annunciati e licenziati nel 2006 (taglio dei posti letto, riduzione dei reparti di medicina specialistica e chiusura degli ospedali). Arrivano addirittura a compromettere i protocolli sanitari al limite dei livelli essenziali di assistenza. In altre parole, dal primo gennaio gli accertamenti diagnostici e specialistici non sono più annoverati nell’elenco dell’offerta assistenziale pubblica. La giunta ulivista ha infatti deciso di usare la scure pure sulle prestazioni in convenzione. Ed ecco che quelle prestazioni che interessano alcune patologie legate all’apparato cardiovascolare, intestinale e riproduttivo spariscono. Ma l’abolizione sarà solo questione di nomenclatura? Sembra proprio di no. A leggere nel dettaglio le oltre cento pagine della delibera di giunta, appena pubblicata sul Bollettino ufficiale regionale e riferita al nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni ambulatoriali, sale l’inquietudine. E diventa verosimile che se un esame diagnostico o specialistico non viene indicato nel prontuario allora non è più convenzionato. Anzi ci sarebbe di più: se l’assistito volesse eseguire quella precisa prestazione e non altre, sarebbe costretto a pagarla. E a prenotarla in un centro diagnostico privato. Nel provvedimento varato dalla regione non si fa alcuna distinzione o eccezione per chi usufruisce dell’esenzione, sia da reddito che da patologia. Qualche esempio? Tra le prestazioni eliminate e quelle sostituite compaiono differenze sostanziali che danno la certezza sul fatto che l’asportazione delle emorroidi, l’incisione dell’ugola, la biopsia della pleura, il cateterismo cardiaco destro e sinistro, la mappatura del cuore, la revisione o la rimozione del pacemaker, l’amniocentesi tardiva e precoce e la biopsia del pene non vengono più previste in regime di convenzione. A monte dei reconditi motivi che avrebbero indotto la giunta regionale a «rinnovare» l’elenco delle prestazioni sanitarie in convenzione ci sarebbe il famigerato «uso appropriato» della prestazione. Quasi a voler supporre maliziosamente che un cittadino, peraltro in pieno possesso delle proprie facoltà psichiche, potrebbe scegliere di farsi incidere l’ugola per celia. O peggio. Ma tant’è. Sembrerebbe infatti - come scritto nella delibera - che i 46 esperti individuati dall’Agenzia di sanità pubblica abbiano prodotto documenti tecnici per riscrivere daccapo il nomenclatore, proprio sulla base di questa necessità prioritaria: l’appropriatezza.

Un vocabolo sul quale la giunta di Piero Marrazzo, già un anno fa, aveva improntato tutta la politica sui medicinali a partire dalle prescrizioni farmaceutiche. Ora ci riprova: e dopo la stretta ai ricoveri in ospedale arriva quella alle prescrizioni specialistiche.

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