Il regno d’oro delle fatine vale un miliardo di dollari

Non solo repliche, ma anche fumetti, gadget, un musical e le «Guide di stile» per vestirsi come le protagoniste

Le fate danno i numeri. E che numeri. Il giro d’affari complessivo del fenomeno Winx allo stato è di un miliardo di dollari. L’onda lunga di tre serie di 78 cartoni Tv che dal 2004, con repliche su repliche, non conosce cali di popolarità. La prima serie di Winx Club, esordio dell’originario quintetto composto da Bloom, Stella, Flora, Musa e Tecna, aveva dato subito ottimi risultati d’ascolto: uno share pari al 13%, con picchi fino al 15%, nell’edizione pomeridiana che ha regalato alla serie numerose repliche, su Raiuno e su Raidue, anche nella fascia pre-serale (con picchi di oltre 2 milioni di telespettatori). Da giugno 2004 Winx Club ha conquistato anche l’America. Da allora è visibile in chiaro su Fox ed è tra i cartoni più seguiti nel target 6-11.
Ma torniamo ai fatturati. Ha di che gongolare il pool di ben 700 licenziatari, che in Italia raccoglie alcune delle classiche grandi firme del mondo dell’infanzia: Giochi Preziosi, Ferrero, Upim, Panini. Giocattoli, bambole, abbigliamento e accessori per bimbe in vena di sogni e di lifestyle a misura di fata. Anche l’orecchio vuole la sua parte: l’ultima iniziativa di successo è la compilation Sony Music con le Playlist del team di 6 fatine, in cui l’ultima arrivata è la ballerina Aisha. Ma il vero colpaccio di Straffi è stato mettere piede in casa Barbie: su scala mondiale i giocattoli sono firmati dal colosso Mattel. E poi ancora videogiochi, card, e una imminente promozione europea con Mc Donald’s. Una vera consacrazione per le Winx, ormai protagoniste dei consumi commerciali per le bimbe.
Alla base, un fenomeno costruito proprio su misura per le aziende produttrici: come ammette lo stesso Straffi, le «Guide di stile» dei personaggi sono state la prima preoccupazione della Rainbow, che vi ha riversato tendenze e atmosfere del mondo della moda. Tanto che si è a lungo vociferato che al progetto avessero lavorato stilisti legati a Prada. Per l’ultima serie, in onda su Raidue da febbraio, trionferanno i fiori di ispirazione liberty-déco. Niente male per una società che aveva fatto della sua dimensione provinciale e artigianale nelle campagne marchigiane intorno a Loreto la propria bandiera. Nata nel 1995, oltre a produrre, la Rainbow cura personalmente la distribuzione internazionale e la vendita dei diritti Tv alle reti estere, un lucroso business che non ha ceduto alla coproduttrice Rai, mantenendo pieno controllo su tutta la catena dei diritti. Il grosso del fatturato proviene non tanto dal prodotto animato ma dallo sviluppo e dalla concessione delle licenze commerciali, gestite con piglio degno di una Warner e di una Disney. Sempre in casa Rainbow sono le società che sovrintendono alla regia delle edizioni musicali e delle pubblicazioni destinate all’edicola e alla grande distribuzione. Un profilo da «minimajor» che stima un fatturato attuale «attorno ai 40 milioni di euro».
In edicola, intanto, le Winx hanno abbandonato l’originario editore Play Press.

Perché fare a mezzo con altri? Seguendo l’esempio Disney la Rainbow si edita da sé: le fatine apppaiono su una rivista da 100mila copie, completa di gadget da piccole donne crescono, come astucci, pendagli, borsette, glitter. Tutto da portare a scuola o a spasso negli zainetti personalizzati. E poi c’è il musical, Winx Power Music Show. Un’ora e mezza di spettacolo in tournée da ottobre 2005, che è un tutto esaurito su ogni piazza.

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